di P. Giacomo Gubert ocd

William James b1842cA fianco di illustri estimatori, Teresa d’Avila ha anche avuto celebri detrattori. Segnaliamo il caso di William James (1842-1910), filosofo e psicologo, tra i maggiori esponenti del pragmatismo americano. Nel suo classico studio “Le varie forme dell’esperienza religiosa” (1902), pur citandola estesamente con interesse, quale attendibile fonte per penetrare appunto le varie forma di esperienza religiosa, James ha nei suoi confronti parole dure e di grande incomprensione.

Teresa e la placida mucca

Illustrando, nella Lezione I, il suo metodo d’indagine, James esclude anzitutto ciò che egli definisce “materialismo medico”. “Il materialismo medico – scrive – si libera di san Paolo definendo la sua visione sulla via di Damasco una lesione prodotta nella corteccia occipitale, essendo egli un epilettico; liquida Teresa come un’isterica, san Francesco d’Assisi come un degenerato ereditario (p. 32)”. E conclude: “Nelle scienze naturali e nell’ambito industriale non accade mai che qualcuno provi a confutare delle opinioni illustrando la costituzione neurologica dei loro autori. Non dovrebbe essere altrimenti con le opinioni religiose [...] In breve, immediata luminosità, ragionevolezza filosofica, e utilità morale sono i soli criteri validi” (p. 35) che James intende adottare in questo suo studio. E per esemplificare questa scelta metodologica, fa un curioso esempio: “Santa Teresa potrebbe aver avuto un sistema nervoso, se mi si consente, della più placida mucca e questo non salverebbe ora la sua teologia se, messa alla prova di questi criteri, dovesse dimostrarsi disprezzabile. E viceversa, se la sua teologia può reggere a tali criteri, non farà alcuna differenza quanto isterica e nervosamente squilibrata possa essere stata in vita” (p. 36).

di P. Giacomo Gubert ocd

91552AConclude Andrea Boccelli la sua prefazione a “Solo l'amore resta” (Piemme, Milano, 2012) di Chiara Amirante, scrivendo: “La vita di Chiara è un grande dono, un dono i cui benefici non si fanno attendere e queste pagine, che per certi versi ricordano quelle di santa Teresa d'Avila, intitolate Storia della mia vita, sono le testimonianza diretta di quali imprese, di quali miracoli possa essere capace un essere umano che, spontaneamente, gioiosamente e senza indugi, decida di farsi strumento nelle mani di Dio, che è sommo bene. Il paragone è sorprendente e ci rallegra. Leggendo il libro tocchiamo per mano la preghiera che diventa vita e la vita trasformata in preghiera.

Al termine di un'esperienza ventennale, Chiara Amirante descrive così ciò che ha compreso della sua particolare vocazione: “Essere chiamati a scendere negli inferi non vuol dire semplicemente accogliere la sofferenza e il grido di tanti disperati per provare a offrire una risposta, bensì credere che la risurrezione sarebbe stata possibile anche per loro”. Uno sguardo lucidissimo, illuminato sulla realtà sociale contemporanea (un vero inferno) si accompagna dunque ad uno slancio di divina carità fiduciosa che muove a condividere la morte per con-risorgere. Senza alcuna riduzione della realtà, né di quella infernale né di quella paradisiaca, accompagnati e accompagnando l'Unico possibile Passatore, Gesù Cristo, il suo Amore, la sua Parola, il suo santo Spirito.

di F. Michele Ciapetti ocd

304Interrogato sull'argomento, qualsiasi mistico, qualsiasi contemplativo darà della vita spirituale non un'immagine di confusa unità indistinta, ma ordinerà vari gradi attorno a un centro (nel profondo della natura umana) o a una cima (nell'aria alta della trascendenza divina). Così i mistici hanno disegnato per la cristianità le figure della Scala, del Castello, del Monte...

Padre Fornara, che conosce questa lezione, illustra in questo romanzo breve un remoto paese di montagna che ha la medesima funzione e la medesima struttura delle topografie mistiche di santa Teresa o di san Giovanni. Questo piccolo spazio abitato (curiosa e credibile polis cattolica persa nella provincia italiana), Borgopietra, è tutto il mondo del romanzo. È un mondo piccolo, ma non si avverte né claustrofobia, né il peso di certi spazi chiusi, solo a volte un poco di soffocamento, ma poca cosa; in un certo senso, è il prezzo da pagare per restare al di fuori del malessere delle metropoli secolarizzate. Basta alzare gli occhi e dalle strette strade di pietra si passa all'orizzonte vasto delle montagne o alla linea del campanile contro il cielo azzurro, e si respira.

...attraverso un polittico della tradizione carmelitana e un testo di papa Francesco (Amoris Laetitia, n. 65)

polittico c

Fotografie e composizione: P. Ermanno Barucco ocd

Il Polittico di sant’Anna, madre della Vergine Maria, un’opera attribuita a Jan II van Coninxloo (1489-1555?) e conservato nella chiesa di Saint-Denis de Forest (Bruxelles), riprende anche alcuni episodi della tradizione carmelitana e permette così di contemplare i misteri principali della Santa Famiglia con uno sguardo carmelitano.

di Pedro Paricio Aucejo

Dorothy-Day-Teresa-of-Avila

Il collegamento più importante tra Santa Teresa d’Avila e la cultura statunitense è consistito nell’influenza che la Santa ha avuto su Dorothy Day (1897-1980), giornalista e attivista sociale. Costretta ad abbandonare gli studi per ragioni finanziarie, il suo forte senso sociale la portò a intraprendere la carriera di giornalista, per potersi schierare dalla parte dei lavoratori e dei poveri. Nel campo sentimentale la sua vita sembrava essere fuori controllo: amori falliti, concepimento, aborto volontario e, in seguito, convivenza con un ateo militante.