La celebrazione delle Ore canoniche nella Regola del Carmelo

di F. Marco Sgroi ocd

10carme3P. Lorenzetti, Pala del Carmine (part.)

1. Al cuore della Regola: «die ac nocte in lege Domini meditantes»

«A meno che non sia occupato in altre legittime attività, [maneant singuli] ciascuno rimanga nella sua celletta o accanto ad essa, [die ac nocte in lege Domini meditantes] meditando giorno e notte la legge del Signore [cfr Sal 1, 2; Gs 1, 8] e vegliando in preghiera [cfr 1 Pt 4, 7]»1.

Il cuore della Regola carmelitana trova il suo battito vitale e originario in questo breve passaggio, in questa “legge di vita” e in questa “forma”. Infatti, è nell’incontro solitario con il Dio trascendente e ineffabile, rivelato nella parola della Scrittura e nella parola della carne, e nel «sussurro di una brezza leggera» (1Re 19,12), percepibile nella solitudine del monte, che il singolo («maneant singuli») può scoprire la sua vera vocazione ed essere ri-velato a se stesso2.

La preghiera continua vissuta nella riservatezza della cella diviene, così, la via ad caelum, certamente individuale, ma che porta con sé l’intera dimensione ecclesiale. Proprio per questo, è possibile parlare di una “struttura personale-ecclesiale”3 in cui sia l’individuale che l’ecclesiale si sposano vicendevolmente e si legano intrinsecamente; e nella ricerca dell’isolamento, che mira all’orazione contemplativa, la preghiera si innalza nel/dal silenzio della cella della chiesa e diviene música callada, soledad sonora4. In questo modo, la vita intera si trasforma in preghiera e, nell’“essere” per/con/in Cristo, quest’ultima diventa il respiro della vita quotidiana.

di P. Stefano Conotter ocd

S.-TERESA-DI-GESUC’è un breve scritto di Teresa che è pieno di fresco umorismo a dispetto del suo strano titolo: il Vejamen (l’Offesa, dal verbo latino vexare). In esso Teresa risponde alla richiesta del vescovo di Avila di scrivere un giudizio sui testi dei suoi amici, che cercavano di spiegare il significato delle parole interiori udite dal Signore: “Cercati in Me”.

In questo testo Teresa scrive affettuosamente a proposito della spiegazione data da Giovanni della Croce: “La sua risposta contiene una dottrina così eccellente che servirebbe a meraviglia per chi volesse fare gli esercizi della Compagnia di Gesù, ma qui è fuor di luogo… Dio mi liberi da gente così spirituale che vuol ridurre ogni cosa, a proposito o a sproposito, alla contemplazione perfetta! Tuttavia bisogna essergli riconoscenti per averci così bene spiegato ciò che mai gli abbiamo chiesto”. Ancora più simpatico è quello che scrive dell’amato fratello Lorenzo: “Ha detto di più di quanto sapeva, e in grazia del buon umore che ci ha procurato, gli perdoniamo volentieri la poca umiltà d’essersi messo in cose così alte, come lui stesso ne conviene nella sua risposta…”

di P. Stefano Conotter ocd

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Continuando la nostra meditazione biblica sull’abito carmelitano, ci resta ancora un ultimo elemento, considerato dalla moda un semplice accessorio, ma che nella Scrittura ha una sua valenza simbolica: la “cintura di pelle”. Anche questo elemento, come la tunica, si trova nella descrizione del vestito di Elia che permette al re Acab di identificare il profeta: "Era un uomo coperto di peli; una cintura di cuoio gli cingeva i fianchi" (2Re 1,8). Assieme alla veste di peli, anche la cintura di pelle identificava la tenuta ufficiale dei profeti, come si vede nelle descrizioni di Giovanni Battista fatte dai vangeli di Marco e Matteo (Mt 3,4; Mc 1,6).

di P. Stefano Conotter ocd

lavandaLo scapolare

Nella prima e nella seconda parte di questa meditazione biblica sull’abito carmelitano abbiamo parlato del mantello e della tonaca, partendo dal vestito del profeta Elia descritto nei libri dei Re. Parlando dello scapolare non troviamo nel ciclo di Elia nessun riferimento diretto, perché si tratta di una parte del vestito monastico che è stata aggiunta in epoca medievale da diversi ordini monastici. Nell’Ordine carmelitano è entrato ufficialmente a far parte dell’abito nella seconda metà del XIII sec. e ha assunto ben presto un significato mariano.

“Scapolare” viene da «scapola» e indica quell'indumento formato da una striscia di stoffa con un foro al centro per infilarci la testa e che ricopre sia il petto che le spalle (in latino: scapulæ). All’origine lo scapolare serviva generalmente per i tempi di lavoro, così da proteggere l'abito e non insudiciarlo, come un grembiule. Era quindi un indumento di servizio.

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I Padri Carmelitani Scalzi della Provincia austriaca offrono la possibilità di prepararsi alla prossima Pasqua distribuendo materiale digitale durante la Quaresima a tutti coloro che si iscriveranno, gratuitamente, a questi "esercizi spirituali online". Il materiale, spedito settimanalmente tramite posta elettronica, comprenderà meditazioni sui vangeli delle domeniche di Quaresima e testi di S. Elisabetta della Trinità, monaca carmelitana di recente canonizzata. Per iscriversi basta compilare il formulario a questa pagina.