SANTA TERESA DI GESÙ

1515 - 1582

Dottore della Chiesa

Madre Riformatrice dei Carmelitani Scalzi

Solennità, 15 ottobre

 Nascita

Teresa di Gesù (de Cepeda y Ahumada), nata in Avila (Spagna) nel 1515 e morta ad Alba de Tormes nel 1582, è universalmente riconosciuta come Maestra di dottrina e di esperienza spirituale, al punto che è stata la prima donna della storia alla quale è stato riconosciuto (da Paolo VI, nel 1970) il titolo di Dottore della Chiesa. Ella stessa ci ha lasciato il racconto della sua vita, ma l’ha narrata come storia di un “incontro d’amore” tra lei e Cristo. 

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225px-Teresa of Avila dsc01644Pubblichiamo la parte iniziale dell'articolo scritto da P. Piero Rizza OCD, "Santa Teresa d’Avila nella letteratura dei secoli XIX-XX", tratto da A. Cazzago (ed.), Il Carmelo e l'arte (Quaderni Carmelitani, n. 24), Edizioni OCD, Roma 2009, pp. 125-149.   

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Introduzione

È universalmente riconosciuto il posto di rilievo che gli Scritti di Teresa d’Avila occupano nella letteratura e, in particolare, all’interno della letteratura mistica che ha in lei una delle esponenti di maggior spicco e interesse. Ma è anche lecito chiedersi qual è la risonanza che questo personaggio, vissuto nella Spagna del “Siglo de oro”, ma ancora estremamente attuale, ha avuto e continua ad avere tra gli scrittori e nei testi letterari. Correndo volentieri il rischio di anticipare tempi e risultati dell’indagine qui proposta, è già possibile affermare che Teresa gode di una certa fama nel mondo letterario. Basti, come unico esempio, ricordare che le opere della mistica spagnola erano tra le fonti di ispirazione e di riflessione per la scrittrice statunitense Flannery O’Connor (1925-1964). Qualcuno l’ha soltanto sfiorata, altri le hanno dedicato intere opere: questo non importa! Il dato è interessante in quanto permette di affermare che la letteratura non ha snobbato Teresa e che la santa avilana non è un’illustre sconosciuta nel panorama letterario.

di P. Aldino Cazzago

st jos s1. Il secondo aspetto della vita e della dottrina di Teresa di Gesù sul quale si sofferma papa Francesco nel suo Messaggio è quello della preghiera. La vita di questa monaca carmelitana di clausura del XVI secolo, pur tra mille travagli affrontati per la fondazione di 16 monasteri, è stata un’esistenza radicata e resa feconda proprio dalla preghiera, vissuta come luogo dell’esperienza dell’amore e della volontà di Dio e verifica dell’amore del prossimo (cfr. Mansioni, 5,3,7-8)

In lei la frattura tra vita e preghiera, tra cose dell’uomo e quelle di Dio, che così spesso segna le nostre esistenze, non ha trovato luogo. E questo per una semplice ragione: ha ritenuto che Dio non fosse degno solo della sua ragione e della sua intelligenza, ma anche del suo cuore, e in definitiva, della sua capacità di amare. Come ha ricordato papa Francesco, riportando le parole stesse di santa Teresa, nel pregare «l’essenziale non è già nel molto pensare, ma nel molto amare» (Mansioni, 4,1,7).

di P. Aldino Cazzago

stberninis1. Il primo elemento che, a partire dalla vita di santa Teresa di Gesù, papa Francesco mette in risalto nel suo Messaggio al vescovo di Avila è quello della gioia. È un tema per il qualeegli prova una particolare sensibilità e attrattiva, una sorta di simpatia, come dimostrano, prima, il titolo stesso della sua esortazione apostolica Evangelii gaudium, la gioia del Vangelo, poi l’espressione “gioia del Vangelo” che in essa ricorre 5 volte e infine le quasi 80 volte in cui il solo termine “gioia” ricorre nel testo.
La gioia, non servirebbe ripeterlo, oltre ad occupare un posto rilevante nella Rivelazione, dalla Creazione alla Pasqua (cfr. EG,nn. 4-5), è per papa Francesco un principio nell’ottica del quale guardare la vita del credente e della Chiesa: “La gioia del Vangelo … riempie la vita della comunità dei discepoli” (EG, n. 21). In definitiva, “il Vangelo, come egli ha ribadito al vescovo di Avila, non è un sacco di piombo che si trascina pesantemente, ma una fonte di gioia che colma di Dio il cuore e lo spinge a servire i fratelli!”.

Cosa significa essere un frate carmelitano scalzo – cioè un figlio di santa Teresa d’Avila – nel 2015? Cosa vuol dire essere carmelitano scalzo – o “teresiano”, come si dice tecnicamente – a cinquecento anni dalla nascita della riformatrice del Carmelo?
Anzitutto per rispondere bisogna dire cosa vuol dire essere figlio, o meglio bisognerebbe essere davvero figlio, vivere da figlio. E non so se sono la persona più adatta per questo… Figlio è chi è certo dell’amore del padre e della madre, dove Padre è Dio (tam pater nemo – nessuno è padre come Lui). Il rapporto con Teresa, che muore proclamandosi “figlia della Chiesa”, ci fa guardare poi alla madre, la Chiesa appunto (mater et magistra - madre e maestra). Ripeto: non so se sono la persona più adatta per parlare di questo, ma di certo l’appartenenza al Carmelo ha molto approfondito il mio rapporto con il padre celeste e con questa madre che nutre e guida i suoi figli.

di P. Fabio Pistillo

Teresa è universalmente conosciuta per la preghiera: è maestra di preghiera. Il brano riporta la definizione di santa Teresa sull’orazione mentale. Il perché, il bene e il segreto della preghiera risiedono nell’amicizia con Gesù a cui è chiamato ogni uomo. Gesù offre ad ogni persona la sua amicizia: è questo il bene prezioso, il tesoro della nostra vita. Gesù ci chiama amici, la nostra risposta: accogliere l’amico.