SANT'ENRICO DE OSSÓ

1840 - 1896

Sacerdote

Fondatore della Compagnia di Santa Teresa

 Memoria facoltativa, 27 gennaio

santenricoNacque a Vinerbe, nella regione di Catalogna in Spagna, il 16 ottobre 1840. Venne ordinato sacerdote il 21 settembre 1867. Fu apostolo dei fanciulli nella catechesi, ispiratore di movimenti ecclesiali all'insegna del Vangelo e direttore di anime.

Subì il fascino di Santa Teresa di Gesù, maestra di orazione e figlia della Chiesa. Nella luce della sua dottrina fondò nel 1876 la Compagnia di Santa Teresa, con il compito di formare la donna alla scuola del Vangelo secondo gli esempi della Santa di Avila.

Presago dei tempi nuovi, si dedicò alla predicazione e all'apostolato della stampa, affrontando grandi prove e sofferenze. Morì a Gilet, presso la città di Valencia, il 27 gennaio 1896.

È stato canonizzato il 16 giugno 1993 a Madrid da San Giovanni Paolo II, e il 6 novembre 1998 è stato dichiarato Patrono dei Catechisti Spagnoli.

(Da Dizionario Carmelitano, Roma 2008).

"Pensare come Cristo Gesù, sentire come Cristo Gesù, amare come Cristo Gesù, agire come Cristo Gesù, conversare come Cristo Gesù, parlare come Cristo Gesù, in una parola conformare tutta la nostra vita a quella di Cristo, rivestirci di Cristo Gesù: in questo consiste l’interesse unico, l’occupazione essenziale e primaria di ogni cristiano. Perché cristiano significa alter Christus, altro Cristo, e non si potrà salvare se non colui che sarà trovato conforme all’immagine di Cristo. E per conformarci alla vita di Cristo è necessario prima di tutto studiarla, conoscerla, meditarla, e non solo nella corteccia esterna, ma penetrando nei sentimenti, affetti, desideri, intenzioni di Cristo Gesù, allo scopo di poter fare tutto in unione perfetta con Lui. Gesù stesso, con la sua bontà e le sue parole, ci invita a questo.

Ma, come impareremo, ad esempio, la sua mansuetudine ed umiltà; come in ogni azione ci porremo davanti a Cristo per imitarlo, se non conosciamo i sentimenti del suo Cuore nel compierla? Perché Cristo ha vissuto, ha mangiato, dormito, parlato, ha fatto silenzio, ha camminato, s’è stancato, ha riposato, ha sudato, ha patito fame, sete, povertà, in una parola, ha lavorato, ha patito, è morto per noi, per la nostra salvezza. Per cui dobbiamo rappresentarci Gesù al naturale e nella realtà, e non in maniera teorica e ideale, ciò che porterebbe a non amarlo e imitarlo in tutto, come è nostro dovere. Gesù è nostro fratello, carne della nostra carne, sangue del nostro sangue, ossa delle nostre ossa. Questo è il mio Gesù, Dio e uomo vero, vivo, personale, che si lasciò vedere sulla terra, che visse e conversò con noi uomini per trentatré anni. Infatti, Verbo eterno del Padre, per la nostra salvezza discese dal cielo, s’incarnò, patì, morì, risuscitò, salì al cielo, rimanendo tra noi fino alla consumazione dei secoli nel Santissimo Sacramento dell’altare per essere nostro compagno, conforto, cibo. 

La vita eterna consiste nel conoscere sempre più Gesù Cristo, nostra unica felicità nel tempo e nell’eternità. Quanto sarà felice l’anima che imparerà ogni giorno questa lezione e la metterà in pratica. Che pensiero soave! Io vivrò, mangerò, dormirò, parlerò, tacerò, lavorerò, patirò, tutto farò e soffrirò in unione con Gesù, conformandomi alla divina intenzione e ai sentimenti con cui operò Gesù e che Gesù vuole siano i miei nell’agire e patire. Colui che agirà così – e dobbiamo farlo tutti –, vivrà sulla terra vita di cielo, si trasformerà in Gesù e potrà ripetere con l’Apostolo: Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2, 20)".

(Escritos, 3, Roma 1977, pp. 456-458)