di Pedro Paricio Aucejo

LeibnizTeresa

Non tutte le scoperte personali sono una novità per il mondo, ma l’impatto che la loro scoperta produce nel nostro animo fa sì che prendiamo coscienza della trascendenza di ciò che si è incontrato. Questo è ciò che mi capitò nel leggere il prologo a una edizione di qualche decina di anni fa della Vita di Santa Teresa di Gesù. Mi si mostrò per la prima volta l’influenza della Santa in Leibniz, cosa che è già risaputa dagli studiosi di entrambi, ma che, con una inusuale profondità, mi aprì gli occhi sulla popolarità della mistica castigliana, la cui vita e la cui opera hanno una ripercussione che supera le barriere dello spazio e del tempo.

Comunque l’influenza di Teresa su Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716) acquisisce, per la complessità della sua figura, delle merlature di eccezionalità, poiché, dai tempi di Leonardo da Vinci fino ai nostri giorni, probabilmente non c’è stato nella cultura occidentale un altro personaggio di erudizione così ampia al pari del pensatore di Lipsia. Al servizio dei Duchi di Hannover come bibliotecario e storico di palazzo, occupò gli incarichi più vari – tra i quali vi erano importanti missioni diplomatiche – e fu il difensore teorico della loro politica. Entrò in contatto con i più influenti intellettuali del suo tempo, come Arnauld, Boyle, Clarke, Huygens, Malebranche, Newton, Oldenburg, Pell e Spinoza. Ricevette importanti nomine: fu membro dell’Accademia di Parigi, della Royal Society di Londra e fondò nel 1700 la Reale Accademia di Scienze di Prussia, della quale fu il primo presidente.

Nonostante questa variegata attività pubblica, risulta incomparabile, per il rilievo che acquisì, la sua passione per lo studio privato nel quale abbracciò, con talento creativo e rinnovatore, i più diversi campi della conoscenza dell’epoca: diritto, fisica, teologia, filosofia… In matematica scoprì il calcolo infinitesimale attraverso un calcolo diverso da quello di Newton, formulandolo in maniera tale che risultasse più fecondo, e che la sua applicazione fosse più rapida e comoda. Infine la sua produzione letteraria, in gran parte inedita, riempie una quarantina di volumi.  

In ambito religioso fu difensore dell’unità cristiana. In un’epoca in cui – come conseguenza delle dispute teologiche derivante dal crescente apogeo protestante e il miscuglio del deismo inglese con il razionalismo francese – l’instabilità spirituale s’impossessò dell’Europa, la voce di Leibniz fu l’unica di rilievo che, in seno al protestantesimo, si alzò non a favore dei riformatori – la cui frammentazione in sètte e gruppuscoli evidenziava una tendenza incontenibile - bensì della Chiesa cattolica. In questo senso, per più di dieci anni, sostenne un dibattito con Bossuet, Vescovo di Meaux e precettore del figlio di Luigi XIV, alla ricerca di punti di intesa per il ritorno alla totale unità e conciliazione tra i cristiani.

È in questa occasione storica che Leibniz mostra la stima e il riconoscimento per l’influenza ricevuta dalla personalità e dall’opera di Santa Teresa d’Avila. Così, nel suo Discorso sulla metafisica – che riflette il sistema completo, coerente e armonico della sua speculazione - quando parla del carattere libero delle sostanze intelligenti, dal momento che nulla le determina se non Dio, il genio sassone precisa che

«[…] per questo una persona di spirito molto elevato e venerata per la sua santità soleva dire che l’anima deve pensare molte volte come se nulla esistesse al mondo, eccetto Dio ed essa. E nulla riesce a far comprendere con più forza l’immortalità al pari di questa dipendenza e questa estensione dell’anima, che la pone totalmente al riparo dalle cose esteriori, posto che ella sola formi il proprio mondo e si sfami con Dio solo».

La persona a cui fa riferimento per il suo elevato spirito e venerata santità è Teresa d’Avila, di cui si dichiara nuovamente debitore in una lettera del 1696 indirizzata ad Andrés Morellio, dove il filosofo tedesco, oltre che condividere con il suo interlocutore la soddisfazione per la popolarità degli scritti della Santa, afferma: «Con ragione apprezzi i libri di Teresa. In essi trovai questa bella sentenza: “L’intelligenza dell’uomo deve considerare le cose come se esistessero al mondo soltanto Dio ed essa”. Sentenza che è conveniente tener presente in filosofia e che io ho utilizzato nelle mie disquisizioni scientifiche».

Quest’idea della mistica abulense appare nel capitolo XIII della sua Vita, con l’occasione di dare un consiglio alle proprie monache perché, nel loro agire in questa maniera agli inizi della loro vita religiosa, l’anima possa ascendere più facilmente verso una perfetta unione con Dio.

«[…] Vi è un altro grande inconveniente, cioè quello di perdere l’anima; perché ciò che dobbiamo procurare maggiormente al principio è che l’anima si prenda cura soltanto di se stessa e rendersi conto che non v’è nulla sulla terra all’infuori di Dio ed essa; e questo è ciò che conviene molto».

Anche se nel caso della Santa il senso di questa frase si situa, poi, in un’orbita ben distinta da quella sperimentata da Leibniz, è evidente che il dotto di Lipsia accoglie con soddisfazione questo pensiero teresiano per applicarlo alla sua “monadologia”, o schema ideale dell’organizzazione del mondo basato sull’armonia, prestabilita da Dio fin dal principio, tra tutte le “monadi” che lo costituiscono. Queste ultime sono gli elementi – i “fulgori continui” della divinità – che compongono tutte le cose, essendo ciascuna un microcosmo, o centro sussistente, che riflette l’universo intero secondo il suo punto di vista. Ogni monade è distinta dall’altra, in maniera che non esistono due esseri assolutamente uguali, ma sono caratterizzati da una differenza interiore, anche se disposta di modo che abbia una compatibilità con il resto.

Questo apprezzamento verso la Santa da parte di un uomo come Leibniz richiama l’attenzione dei nostri giorni, in una società miscredente e distratta nella quale la maggior parte dei suoi intellettuali non solo si allontana da qualsiasi prospettiva intorno alla questione di Dio, ma non ha per nulla l’ardire di contemplare la vita dall’alto delle spalle di due giganti come Leibniz o Teresa.   

Fonte: www.delaruecaalapluma.wordpress.com (traduzione dallo spagnolo di F. Francesco Palmieri ocd)