di P. Fabio Pistillo ocd

thumb avilaStatua di S. TeresaAvila terra di sassi, macigni (cantos) e di santi. È la felice espressione della Regina Doña Juana. I cantos sono dei grossi e curiosi macigni che si trovano disseminati nella zona periferica della città. Rocce che parlano di robustezza, di stabilità, di fermezza come le virtù che Teresa voleva per sé e per i suoi amici. I Santi che ha dato questa terra abulense sono altrettanto numerosi come i cantos. Per la sua altezza, 1130 metri, situata su una collina rocciosa, ai piedi della Sierra de Guadarrama e bagnata dal fiume Adaja, Avila è la città più alta di tutta la penisola iberica; ed è anche una delle città più fredde della Spagna.

Avila è la città natale di S. Teresa. Avila parla di Teresa in ogni strada e Teresa parla di Avila in tutti i momenti della sua vita. Santa Teresa d'Avila, così è ricordata dalla storia e così è invocata dai cristiani.

È lei la patrona della città insieme a S. Segundo, il vescovo che convertì la cittadinanza al cristianesimo nel I secolo.

thumb IMG 1165Abside della cattedrale di Avila

Parla di Teresa la cinta muraria che si ammira al giungere ad Avila: di stile romanico costruita in pochi anni, dal 1090 al 1099. Fu edificata allo scopo di custodire al suo interno la vita dei cittadini e allo stesso tempo come baluardo di difesa contro gli invasori musulmani. Non si sa con certezza quanti uomini vi lavorarono, ma sembra tra i 1900 e i 3000, per lo più schiavi arabi. Si tratta di una costruzione di poco più di 2 chilometri e mezzo. Le mura sono alte anche 13 metri e larghe fino a 4. Ben 88 grosse e maestose torri granitiche, alte fino a 20 metri, si innalzano verso il cielo e sembra che al cielo azzurro elevino ogni sguardo che su di loro si posa. Non per nulla una di queste torri è l'abside della cattedrale, ovviamente la torre più prestigiosa situata sul lato orientale della città. Per chiunque arrivi ad Avila la muraglia conferisce l'impressione di trovarsi vicini ad un castello. Le torri, i merli - più di 2500 -, le porte di accesso, tutto riporta al mondo cavalleresco, tutto evoca le imprese eroiche.

Sicuramente la Santa trasse ispirazione per il suo capolavoro, il "Castello Interiore", da queste mura. Aveva vissuto per 20 anni dentro, custodita da queste maestose sentinelle e le contemplò per altri 27 dal monastero dell'Incarnazione o dal monastero di S. Giuseppe, ambedue all'esterno della cinta. In questa sua opera, Teresa paragona l'anima ad un castello ricco di vita al suo interno, un castello con numerose dimore, dove la più importante, la stanza centrale, è abitata da sua Maestà, così Teresa amava chiamare Dio. L'uomo è chiamato ad entrare in questo prezioso castello e percorrere le dimore fino a quella centrale, «dove accadono le cose di maggior segreto tra Dio e l'uomo» (Castello Interiore, Prima Dimora, I, 3).

thumb IMG 1084Porta di S. VincenzoLo sguardo del visitatore poi si posa sul tempietto de "Los Cuatro Postes", 4 colonne con in mezzo una croce poste a est su una collinetta: assomigliano a delle sentinelle che vigilano sulla città. Scendendo dal tempietto attraverso un ponte si entra in città per la Puerta de la Daga (Porta di San Vincenzo), una delle nove porte di entrata. La storia narra che un giorno Teresa insieme al fratello Rodrigo furono sorpresi dallo zio mentre attraversavano il ponte e furono ricondotti a casa. Così ricorda Teresa: «Progettavamo di andarcene nella terra dei mori, a mendicare per amore di Dio, nella speranza che là ci decapitassero» (Vita, I, 4).

Forse anche S. Giovanni della Croce si è ispirato a questa muraglia, quando descrive il tenero e amoroso gesto dell'amata - l'anima fedele - verso l'amato - Cristo - paragonando la mano che accarezza i capelli all'aria che passa attraverso i merli delle mura: «La brezza dalle mura/ attor che i suoi capelli scompigliavo/ con tocco di frescura/ il mio collo sfiorava/ e in estasi rapita mi lasciava» (Strofe dell'anima, VII).

Si può percorrere questa muraglia sia esteriormente che dall'interno della città e si può persino passeggiare sopra gustando un panorama che ci riporta nello spazio di un solo respiro all'Avila dei cavalieri, alla città dalle gesta eroiche, dell'onore; tutti valori che Teresa respirò sin dall'ambiente familiare e che ne forgeranno la tempra, il carattere e la spiritualità.

Avila in quel Siglo de Oro conosce l'apice del suo splendore. Da Avila escono i capitani per la guerra in Africa, per la guerra contro il regno di Navarra dove parteciperà il padre di Teresa, Don Alonso Sanchez de Cepeda, e soldati per la guerra in Italia, dove morrà Giovanni, il fratello maggiore di Teresa. Da Avila partono tanti soldati per il nuovo mondo e tra questi partiranno alcuni suoi parenti. Verso il 1561, quando Teresa aveva 46 anni, la città contava all'incirca 10.000 abitanti ed era una delle città più popolate del Regno di Castiglia e Leon. La popolazione era distribuita in sei quartieri: S. Giovanni, Santiesteban, S. Pietro, Sant'Andrea, la Trinità e S. Nicola. La famiglia di Teresa viveva nel quartiere di S. Giovanni e Teresa venne battezzata nella chiesa di S. Giovanni poco distante da casa sua.

La vita dentro la città è intensa: 20 mugnai, 25 scrivani e 25 ortolani, 81 carpentieri, 95 sarti, un centinaio di calzolai e altrettanti lavoratori della lana. Erano artigiani ed esperti nei loro ambiti, veri maestri. Insieme a tutti questi lavoratori vi erano i nobili e i poveri. Molti nobili vivevano ad Avila e tra questi vi era la famiglia della Santa. Occupavano il primo gradino della gerarchia nobiliare: gli hidalgos. Ma era una ricchezza e una posizione sociale non ostentata e che non escludeva nessuno. Sappiamo dai ricordi di Teresa che una serva in casa del padre veniva trattata come una figlia e che tante giovani volevano entrare a servizio di Don Alonso. Teresa stessa nei suoi monasteri volle annullare ogni discriminazione sociale, tutte erano riunite per il Signore ed erano tutte spose sue. Sappiamo che trasferì la comunità del monastero di Pastrana perché la Principessa d'Eboli, che aveva deciso di vivere con loro la vita carmelitana, trattava le monache come serve.

Molti poveri si vedevano circolare per le strade a elemosinare. Le loro dimore erano degli ospedali dediti ad accogliere vagabondi, infermi e mendicanti e ce n'erano almeno nove. Uno di questi ospedali, Santa Scolastica, si trovava vicino alla casa della famiglia di Teresa. Uno degli amici di Teresa, Gaspar Daza, aveva promosso la fondazione della Confraternita della Misericordia per soccorrere i poveri.