di P. Antonio Maria Sicari ocd

SantaElisabettaUngheria

Nonostante fosse regina, s’era innamorata dell’ideale predicato da Francesco d’Assisi (allora ancora vivente): ed erano molte, allora, le principesse reali che sognavano di imitare Chiara d’Assisi, almeno come “terziarie”. Quelle che non potevano lasciare i lussuosi castelli per vivere in povertà, decidevano allora di «abitare tra le splendide mura della carità».

Così, per affrontare la piaga di una spaventosa carestia che si era abbattuta sulle sue terre, Elisabetta cominciò col fare costruire, vicino al suo castello, un ospedale dove ordinò che venissero accolti e ricoverati tutti coloro che non erano in grado di sostenersi: vi si riversarono malati, affamati, mendicanti d’ogni genere, e la regina «arrivò al punto da erogare in beneficenza i proventi dei quattro principati di suo marito e da vendere oggetti di valore e vesti preziose…».

Alla morte del marito, abbandonò i ricchi parenti, per vivere in un nuovo ospedale che aveva fatto edificare, per servire personalmente i suoi malati. Il confessore che la guidava attentamente e la sorvegliava perché non eccedesse, ogni tanto scopriva che Elisabetta aveva anche i suoi poveri nascosti: prima un bambino paralitico che soffriva di frequenti perdite intestinali e che lei teneva nella sua stessa camera, assistendolo personalmente e ripetutamente, vegliandolo notte dopo notte; poi una fanciulla lebbrosa che si teneva accanto come una figlia curandola personalmente; poi un altro bambino coperto di scabbia cui prestava i servizi più umili.

Quando Elisabetta morì, «tutta logorata dalla compassione», aveva solo ventiquattro anni, e li aveva passati quasi tutti a rivendicare la sublime cristiana dignità di tutti i poveri del suo regno. Fu canonizzata appena quattro anni dopo la sua morte, e proclamata poi «Patrona delle associazioni caritative, e di vedove, orfani, malati, mendicanti e dei perseguitati ingiustamente e di tutti i sofferenti»Ma non sorprende il fatto che qualcuno preferisca piuttosto chiamarla «La santa della giustizia!».

(da Santi nella misericordia, San Paolo Edizioni, 2015)