SAN GIOVANNI DELLA CROCE
1542 - 1591
Dottore della Chiesa
Padre Riformatore dei Carmelitani Scalzi
Patrono della Provincia Veneta dei Carmelitani Scalzi
Solennità, 14 dicembre
La nascita
S. Giovanni della Croce, universalmente conosciuto come “Dottore mistico”, nacque nel 1542 a Fontiveros, una cittadina della Castiglia. Già la tenera vicenda umana dei suoi genitori fu per Giovanni quasi un presagio: il papà, Gonzalo de Yepes, di nobile origine toledana, aveva sposato, contro la volontà dei suoi ricchi parenti, Caterina Alvarez, una povera tessitrice, di cui s’era innamorato.
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di F. Iacopo Iadarola ocd
Uno dei testi più conosciuti di Federico García Lorca (di cui non molti conoscono il nome completo: Federico del Sagrado Corazón de Jesús García Lorca) è “Teoria e gioco del duende”. Qui il celebre poeta d’avanguardia tenta, in una conferenza tenuta a Buenos Aires nel 1933, di spiegare l’inspiegabile e descrivere l’indescrivibile, il “duende”: “Potere misterioso che tutti sentono e che nessun filosofo spiega”. E’ il furore ispirato che presiede ai più genuini impulsi creativi, in ogni campo dell’inventiva umana, dalla poesia all’architettura al canto alla filosofia alla danza. Forza misteriosa che trascende le capacità dell’individuo e le verticalizza in opere geniali. Un “lottare più che un pensare”, “qualcosa che non sta nella gola ma nella pianta dei piedi”, “non questione di facoltà, bensì di autentico stile vivo; ovvero di sangue […] è, insomma, lo spirito della terra”.
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di F. Francesco Conte ocd
Una delle opere più famose che la letteratura italiana ci ha lasciato è senza dubbio la «Divina Commedia», in cui Dante Alighieri, autore e nello stesso tempo personaggio, percorre un viaggio tutto particolare attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso.
Lo scenario iniziale della Commedia (siamo nel primo Canto dell’Inferno) vede Dante nella «selva oscura», ai piedi di un «colle», tre bestie feroci che gli bloccano la salita e un’ombra, quella del poeta latino Virgilio, mandato dal cielo per guidare il sommo poeta nel viaggio fino al Paradiso: lì Dante troverà la sua Beatrice, che gode la beatitudine eterna. L’incontro con Virgilio è in questo momento decisivo, perché è funzionale non solo a definire il poeta come «guida, autore e maestro» dell’autore-personaggio, ma anche a sciogliere l’impasse dei dubbi e ancora di più delle paure che Dante nutre, smarrito in una selva di vizi o passioni e affrontato dalle «fiere», figure simboliche della lussuria (la lonza), della superbia (il leone) e dell’avarizia (la lupa).
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di P. Piero Rizza ocd
Prima di iniziare il percorso che indaga la presenza di san Giovanni della Croce nella letteratura è necessario fare alcune premesse.
Introducendosi a un’opera letteraria occorre sgombrare il campo dalla pretesa assurda che un autore debba scrivere quello che ha in mente il lettore. Nel caso particolare, se si ha un’idea personale sulla vita, l’opera e la teologia di san Giovanni della Croce non bisogna forzare l’autore all’interno di questa idea e ritenere che l’opera debba essere strutturata a partire dal «mio pensiero». Allo stesso modo, non si può pretendere che se uno scrittore abbia tralasciato qualcosa che «secondo noi» sarebbe stato importante scrivere ciò sia segno di non conoscenza di quell’aspetto o di quell’episodio della vita di Giovanni della Croce. Se si desidera che un autore debba avere lo stesso pensiero del lettore e che quindi debba conformare la propria opera a quello che ognuno ritiene necessario, più importante e più vero, allora sarebbe meglio scriversi i libri da sé.
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di P. Ermanno Barucco ocd
Nel Cantico spirituale, san Giovanni della Croce per due volte associa la colomba, lasciata uscire dall’arca da Noè dopo il diluvio e che ritorna portando un ramo d’ulivo nel becco, alla “misericordia”. Ma quest’immagine biblica non è il simbolo della “pace”? Che cosa c’entra allora con la misericordia? In realtà in quest’immagine della colomba si intrecciano più significati, legati a diversi contesti: quello biblico, quello storico-sociale e quello liturgico. Per comprendere come ciascuno di questi porti il suo contributo, e si ricolleghi agli altri due, ci sembra opportuno presentarli.
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di F. Francesco Conte ocd
Durante la prima lettura del "Cantico spirituale" del santo padre Giovanni della Croce mi sono imbattuto – oserei dire per caso – in questo breve brano, tratto dalla spiegazione, che lo stesso Giovanni scrive della strofa 91:
«L’anima è come un vaso vuoto in attesa di essere riempito, come un affamato che desidera il cibo, come un infermo che sospira per la salute e come chi sta sospeso in aria e privo di un sostegno a cui appoggiarsi».
Queste immagini così nitide ed efficaci sono da leggere nella dinamica della ricerca di Dio che ha provocato nel cuore la ferita d’amore per lui, ma poi si è nascosto, anzi allontanato dalla vista dell’anima, lasciandola nella condizione sopra descritta. Il ricorso a tali immagini è particolarmente evocativo relativamente al tema indicato: in questo momento mi limito ad accostare a san Giovanni della Croce un altro grande santo, anch’egli riconosciuto già prima come maestro dell’interiorità, con la sua opera più nota: sant’Agostino e le sue "Confessioni".
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