di P. Tarcisio Favaro ocd

eliguite r

Gli annunci, le smentite, le piccole aperture che subito la gente rende più grandi, le autocertificazioni (no, che non servono più!), le chiese chiuse ora si aprono, ma tutti con la mascherina e a distanza sociale; anche il prete con la mascherina e i guanti; le visite ai discussi congiunti, ora anche agli amici, ma con prudenza... Quando finirà?

Intanto c’è l’incontro da riscoprire con quelli che sono in casa. Per gli altri c’è il telefonino, i mezzi di comunicazione moderni. Ma non ci si vede di persona, se non per video, da lontano. Non ci si vede a quattr’occhi in un luogo; non si può stare molto e… a distanza; si deve terminare presto… Ora aprono un po’, dicono. Ma con gli amici lontani, in un’altra regione? E con chi è ammalato e non puoi visitare? E con chi è all’estero?

Ci vorrebbe un luogo diverso di incontro. Un modo nuovo di incontrarci? Tutti lo vorremmo, ma non possiamo attuarlo, perché la polizia, i vigili, i carabinieri ci multerebbero salatamente. In questo periodo mi sono ricordato di un modo strano, ma vero, che alcuni nostri santi avevano per incontrarsi e incontrare.

Elisabetta della Trinità. Lei era in clausura (in isolamento, diremmo adesso). Ma per sua mamma, per la sorella, per le amiche aveva un luogo di appuntamento di assoluta certezza e di grande tenerezza. Era la Trinità.

Entrando dentro di te (e questi giorni ci hanno forse un po’ allenato), riscopri molte realtà a cui ti eri abituato o che non immaginavi. Ma tu sei fatto di questi pensieri, di queste intuizioni, trasalimenti. Sei ricco e non lo sapevi. Se prosegui, esperimenti ancora di più: c’è qualcosa che ti invita, un mondo nuovo che ti attrae, come se un posto, un qualcuno ti aspettasse da tempo. Sono pensieri da coronavirus! magari ti dici e ti distrai con altro. Ma, poiché i pensieri di prima erano pur tuoi, ecco che ci torni. Sei atteso. Ti trovi dentro una lettura della realtà più profonda, più umana. In un mondo diverso da te, che non sei tu, ma fatto magnificamente per te. Questo mondo ti abbraccia e anche tu lo abbracci. In una comunione commovente, inaspettata e inimmaginabilmente larga. Sei nei paraggi della Trinità. Lasciati condurre dentro. Allora si schiude a te l’Amore, immenso, il tuo primo vero amore. Uno, unico, e pieno di legami, fantasticamente nuovo, sempre diverso.

Questo è il luogo in cui si è collocata Elisabetta: dentro lo spirare dell’amore trinitario. In questo luogo lei dava appuntamento ai suoi amici. Diceva loro:

Sono Elisabetta della Trinità, cioè Elisabetta che scompare e si perde nei Tre ... Questo è il vincolo divino che ci unisce, fino a essere (noi due) una cosa sola. Dal mattino alla sera, faccio tutto in unione con te e ti considero la vera sorellina della mia anima. Questo sarà l’appuntamento delle nostre anime. Entreremo nel più intimo di noi stesse, là dove dimorano il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo e in loro saremo una cosa sola. In questo mistero ti do appuntamento perché Egli sia il nostro centro e la nostra dimora. Durante questa settimana santa ho portato dappertutto la tua anima con la mia. Ti lascio senza lasciarti perché la mia anima e la tua sono appiccicate l’una all’altra. E’ con il suo Cuore che ti amo e con la sua Anima prego per te.

Ora vorrei portare un esempio non di una suora, ma di una mamma. Parliamo sempre del luogo dell’appuntamento. Siamo in Cile, ancora in un Carmelo, dove sta morendo Teresa di Los Andes (1920). Ha appena 20 anni e una malattia la sta portando via. Alla madre, che andava da casa al convento per chiedere notizie della figlia, la Superiora, l’ultimo giorno, dice: vieni su, da tua figlia, ormai sta spirando. La Superiora, credendo di interpretare il desiderio di qualsiasi madre, faceva una eccezione alla clausura, data la drammaticità della situazione. Ma la mamma le rispose: no Madre, preferisco andare in capella davanti a Gesù da cui mia figlia sta andando. Così sarò con Lui a riceverla. Ancora un luogo di appuntamento.

Nel dramma Processo a Gesù di Diego Fabbri, stanno per condannare, dopo aver udito accusa e difesa, Gesù. Si fa avanti, ultima dopo alcuni interventi disperati per difenderLo, la signora delle pulizie del teatro e, facendosi corraggio dice:

Un momento, perché anch’io voglio dire quello che ha detto la signora lì…e il giovanotto: non ce lo dovete toccare, Gesù!… Noi siamo poveri… e semplici… e Gesù lo sentiamo, lo conosciamo, chiedo scusa, come uno dei nostri. E’ il nostro tesoro. E allora non dovete toglierci questa sola cosa che abbiamo…

Era una mamma a cui, in un tempo di terrorismo, avevano portato via e ucciso il figlio. Continua:

…Io ho detto prima che da un certo momento in poi, mio figlio era diventato come uno sconosciuto per me, ma ecco che dopo la morte, mentre l’ammazzavano, all’improvviso è resuscitato… resuscitato dentro di me. Me lo sento vicino, vivo – proprio come se fosse vivo – e avesse confidenza in sua madre… Parla, dice quello che per anni non ha mai detto: le cose meravigliose, le parole che dice… e i sentimenti che mi confida, sapeste!... E io so, vi dico, lo so che non passerà molto tempo che lo vedrò… Non è una favola… è una cosa vera, proprio vera, come se si toccasse… una certezza… Siate buoni, signori giudici, siate un po’ buoni verso il Salvatore e verso di noi…buoni…buoni.

In questi giorni non tutti ancora possiamo fare la comunione. Ma per chi ha l’opportunità di comunicarsi esiste la responsabilità di farlo anche per chi non può, per chi soffre, per chi non vuole: tutti dentro – anche se distanti – dentro questo questo grande abbraccio.

Dice una preghiera dopo la comunione che io ripeto sempre: Dentro le tue piaghe nascondimi, nascondici.