a cura delle Carmelitane Scalze di Venezia

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Un culto con radici antiche

Già dalla seconda metà del XV secolo, i Carmelitani celebravano con grande venerazione la festa di san Giuseppe e furono i primi, nella Chiesa latina, a comporre un ufficio liturgico dedicato al Santo Patriarca. In seguito, con la Riforma di santa Teresa di Gesù, il santo acquista un posto pregevole nella spiritualità carmelitana, diventando uno degli elementi più caratteristici del carisma teresiano.

La devozione a san Giuseppe prorompe nel clima di una grave malattia, che colpì Teresa all’età di 25 anni rendendola inferma per lungo tempo. Non trovando alcun rimedio presso i medici della terra e spinta da un’intuizione interiore, Teresa si era rivolta a san Giuseppe come al medico celeste, «suo padre e protettore» (Vita 6,6), ottenendo in seguito la completa guarigione. Da quel momento, san Giuseppe entra nel vissuto spirituale di Teresa (che testimonia di “sentirne” effettivamente la misteriosa presenza al suo fianco) liberandola dai pericoli del corpo e dell’anima.

Scrive la santa: «Ho visto che il suo aiuto mi fu sempre più grande di quello che avrei potuto sperare. Non mi ricordo finora di averlo mai pregato di una grazia senza averla subito ottenuta. Ad altri santi sembra che Dio abbia concesso di soccorrerci in questa o in quell’altra necessità, mentre ho sperimentato che il glorioso san Giuseppe estende il suo patrocinio su tutte» (Vita 6,6). È il santo più potente nell’intercedere – sostiene Teresa – perché anche in cielo gode, in quanto padre putativo, di una certa autorità su Gesù e di una profonda familiarità con Lui.

Ma è soprattutto nella missione ecclesiale di fondatrice che san Giuseppe farà sentire il suo intervento potente accanto a Teresa, che per questo lo additerà alle sue monache come il «Fondatore e Patrono della Riforma».

Nel libro della Vita, raccontando la fondazione del primo monastero di carmelitane scalze, Teresa rivela che il Signore le ordinò che «il monastero doveva essere dedicato a san Giuseppe, il quale avrebbe vegliato una porta, nostra Signora l’altra, mentre Egli, il Signore, sarebbe stato con noi» (Vita 32,11). Questo testo, teologicamente significativo, disegna l’icona ideale del Carmelo Teresiano: per Teresa ogni Carmelo deve riprodurre la Santa Famiglia di Nazaret, la casa di Giuseppe, che ne sarebbe stato perciò il capofamiglia e il Custode. La Riforma teresiana nasce dunque sotto la speciale protezione di questo santo, come l’antico Ordine Carmelitano era sorto, in Terra Santa, sotto il patrocinio della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. Sempre nel libro della Vita (33,14), Teresa racconta una particolare esperienza mistica, avente per protagonisti Giuseppe e Maria che la coprono di una veste bianca e splendente, simbolo della purificazione dai peccati: questa grazia è per la santa una sorta di investitura per il servizio che farà alla Chiesa con la fondazione del Carmelo. Scrive Teresa: «mi parve che Nostra Signora mi prendesse per le mani, dicendomi che la mia devozione al glorioso san Giuseppe le faceva molto piacere, che la fondazione si sarebbe fatta, che nostro Signore, Ella e san Giuseppe vi sarebbero fedelmente serviti (…), che Essi ci avrebbero protette, tanto più che suo Figlio ci aveva già promesso di star sempre con noi».

Durante i viaggi di fondatrice, Teresa portava sempre con sé una statua di san Giuseppe. Esortava poi le sue monache a celebrarne la festa con grande solennità, per ringraziarlo di tutti i benefici. Anche oggi non c’è Carmelo in cui non vi sia un quadro o una statua di questo santo, venerato con fervore dalle figlie e dai figli di santa Teresa.

Uno specchio della mistica carmelitana

Per la santa di Ávila san Giuseppe è soprattutto la guida, il compendio del carisma, colui che mantiene l’Ordine saldo nella sua identità più profonda. In san Giuseppe le carmelitane scalze trovano lo specchio della mistica carmelitana, un’icona evangelica alla quale guardare per non smarrirsi.

Com’è noto, la parola chiave della dottrina teresiana è “orazione”, intesa come «intimo rapporto di amicizia con Colui da cui sappiamo d’essere amati» (Vita 8,5), rapporto che abbraccia la vita intera. Nessuno, dopo la Vergine Santa, ha vissuto questo rapporto di amore per Gesù più di san Giuseppe. Scrive Teresa: «chi non avesse maestro da cui imparare a fare orazione, prenda per guida questo santo glorioso e non sbaglierà» (Vita 6,8). San Giuseppe ha vissuto sempre in preghiera perché era sempre a contatto con Gesù, nel servizio, «nell’ossequio di Gesù Cristo» come recita la nostra antica Regola Primitiva (risalente al 1200). La sua vita nascosta e laboriosa, ma eloquente e misteriosamente feconda, offre un programma esistenziale alla carmelitana scalza, chiamata a santificare la quotidianità della vita nel silenzio e nell’amore puro. Per questa ragione, il santo Patriarca è proposto come maestro incomparabile di orazione, come modello di contemplazione nell’azione e nel servizio.

Teresa, innamorata del mistero dell’Incarnazione, trova in san Giuseppe un aiuto potente per restare ancorata, nella preghiera e nella vita, a Gesù Incarnato, al Gesù del Vangelo. L’amore di Teresa per san Giuseppe è in sintesi una componente essenziale e peculiare del suo cristocentrismo, del suo amore per l’Umanità di Cristo, come via e meta della contemplazione.

La famiglia di Nazaret, secondo l’intuizione della Fondatrice, è icona della comunità teresiana – «la piccola e santa compagnia» (Vita 40,22) – nella quale si cerca di vivere rapporti fraterni improntati a una carità ricca di rispetto, al “prendersi cura” dell’altro, al servizio, in un continuo decentrarsi per lasciare spazio alle sorelle, per mettere Cristo al centro. Lo ha ricordato in modo chiaro papa Francesco nella Patris Corde, quando afferma che san Giuseppe «ha saputo decentrarsi, ha saputo mettere al centro della sua vita Maria e Gesù» (25).

Il falegname di Nazaret, che ha vissuto l’esilio e la precarietà, ci insegna la fiducia nella Provvidenza, «ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca» (Patris Corde 12).

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Sotto la protezione di un Padre buono

Anche il nostro Carmelo e la nostra chiesa sono intitolati a san Giuseppe (oltre che a san Bonaventura, come con-patrono, perché anticamente il nostro era un convento francescano) e possiamo confermare che abbiamo bevuto il culto a questo santo con il carisma stesso, come un naturale sviluppo del culto mariano.

Diversi segni nella nostra casa ricordano la paterna presenza di san Giuseppe in mezzo a noi. Una piccola statua del santo, in portineria, veglia e protegge chi esce ed entra in monastero. Sotto la statua, che nel mese di marzo viene posta in coro, mettiamo tanti bigliettini con le intenzioni di preghiera che vogliamo affidare a san Giuseppe.

Un’icona di san Giuseppe, situata vicino ad una porta del corridoio, e un’altra icona della Madre di Dio, accanto all’altra porta, ricordano la rivelazione che ebbe Teresa quando il Signore le ordinò di intitolare a san Giuseppe il primo monastero di carmelitane scalze. In questo anno dedicato al santo, dopo l’Ora Nona, recitiamo la preghiera a san Giuseppe riportata nella Patris Corde, anche se in verità le novene a questo santo si susseguono numerose lungo tutto l’anno.

A san Giuseppe abbiamo assegnato in particolare la protezione del nostro orto. A lui si affidano le sorelle che vi lavorano, spesso tra i pericoli, e alle prese con il trattore che regolarmente non parte. Nell’orto, abbiamo un piccolo eremo dedicato a san Giuseppe, il santo dell’orazione e del silenzio. Più volte abbiamo fatto esperienza che questo santo, l’uomo della concretezza, intercede e aiuta prontamente nelle necessità più svariate: nella malattia, nelle difficoltà economiche, nei problemi più gravi della casa, nelle vocazioni.

Nella storia del nostro Carmelo (fondato nel 1876), troviamo un episodio commovente che attesta la premura di san Giuseppe per noi. Durante la guerra del ’15-’18, anche Venezia fu duramente colpita e bombardata dagli austriaci. Le nostre sedici sorelle si videro costrette a fuggire, nel 1917, come profughe, accolte dalla comunità benedettina di San Savino, vicino ad Arezzo. Prima di lasciare «l’amatissimo monastero» – come si legge negli Atti Capitolari – le sorelle incollarono sulla porta di ogni cella e di ogni locale della casa un’immagine di san Giuseppe a protezione e difesa dell’edificio che doveva restare completamente incustodito. Quando l’anno seguente poterono far ritorno a Venezia, trovarono il monastero miracolosamente intatto.

In questo anno, noi carmelitane scalze abbiamo ricevuto anche il dono della Lettera del nostro Padre Generale, padre Saverio Cannistrà, e del Priore Generale O.Carm, padre Míceál O’Neill, dal titolo Patrocinio di san Giuseppe sulla Famiglia del Carmelo, un testo ricchissimo di contenuti che ci invita, insieme a tutti i membri del Carmelo, a «rivolgerci a quell’uomo giusto e fedele, che ha conosciuto la fatica, l’esilio, la preoccupazione per il domani, continuando a credere e a sperare in Dio, che gli aveva affidato una missione unica». Soprattutto in questi tempi di fatica e preoccupazione, sentiamo ancora di più il bisogno di affidarci alla paterna protezione del falegname di Nazaret.

Nel mese di marzo, inoltre, un momento di preghiera e meditazione online sulla figura di san Giuseppe ha visto la partecipazione di tutti i conventi e monasteri del Carmelo Teresiano d’Italia, in un clima di comunione e gioia.

La nostra vita trascorre, con le sue fatiche e le sue gioie, sotto la custodia di questo «padre buono» che, ne siamo certe, veglia su di noi e sulla nostra Casa. Guardare a san Giuseppe ci aiuta a vivere con lo sguardo al cielo la tangibilità delle nostre giornate, attraversate sempre da tanta grazia e misericordia.

(fonte: Pro Orantibus - Anno LXVIII n. 1 - Giugno 2021)