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di P. Claudio Grassi ocd
Meditazione carmelitana sulla III Domenica d'Avvento dell'anno C (Sof 3,14-18; Is 12; Fil 4,4-7; Lc 3,10-18)
La gioia di Dio
I soldati, i pubblicani, le folle intere si rivolgevano a Giovanni il Battista, venivano a lui perché sapeva leggere il loro cuore, sapeva far emergere il loro bisogno più profondo e accendere un desiderio, un’inquietudine buona; e dopo averlo ascoltato chiedevano una sola cosa: “Che cosa dobbiamo fare?” o, detto in altri termini “Aiutaci a cambiare!” La domanda di cambiamento infatti, quello vero, oggi come allora, emerge sempre dall’intuizione di una speranza che si accende, una gioia preannunciata e in qualche modo già pregustata. È la Domenica Gaudete, domenica della gioia in Dio.
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Meditazione carmelitana sulla II Domenica d'Avvento dell'anno C (Bar 5,1-9; Sal 125; Fil 1,4-6.8-11; Lc 3,1-6)
di F. Iacopo Iadarola ocd
Nel deserto...
Nella liturgia della II Domenica d’Avvento siamo richiamati al deserto: quello di Giuda (Vangelo), quello del Negheb (Salmo), quello della nostra arida quotidianità. Infatti, per passare dall’Avvento finale del Figlio dell’Uomo, come ricordato Domenica scorsa, all’Avvento iniziale del Natale, cui ci stiamo avvicinando, la Chiesa ci insegna che bisogna passare per l’Avvento mediano dell’oggi mediocre, del Signore che viene ora, in ogni momento, nel nostro niente. Solo così, esercitandoci ad attenderlo in ogni minuto, sapremo riconoscere nel minuto corpo di un bambino il Re della Gloria. Il deserto serve a questo: lì ogni dettaglio è sovraesposto, le proporzioni si fanno eterne, disertando dal tran-tran del mondo e della sua transitorietà. Il Vangelo di questa Domenica ce lo dimostra plasticamente, nei primi versetti che ascolteremo: non nelle tetrarchie, non sotto l’imperatore, il procuratore o il sommo sacerdote, ma “venne la Parola di Dio sopra Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto” (Lc 3,2). Ma perché proprio nel deserto? Ecco cosa ci risponderebbe Teresa d’Avila:
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Meditazione carmelitana sulla I Domenica d'Avvento dell'anno C (Ger 33,14-16; Sal 24; 1Ts 3,12-4,2; Lc 21,25-28.34-36)
di P. Ermanno Barucco ocd
Luca: il vangelo della misericordia
Con la prima domenica di Avvento di quest’anno, comincia la lettura domenicale del vangelo di Luca, “il vangelo della misericordia”, come è chiamato, perché presenta il ministero di Gesù sotto l’angolatura particolare dell’annuncio della misericordia e del perdono di Dio. Non tanto per la frequenza elevata della parola “misericordia”, peraltro usata sei volte all’inizio, nei Cantici del Magnificat e del Benedictus (Lc 1,46-55.58.68-79), come fosse una porta di ingresso del vangelo, ma in forza delle “parabole della misericordia”, alcune tipicamente lucane (Lc 15,1-32), e degli episodi di Zaccheo (Lc 19,1-10) e della peccatrice perdonata con relativa parabola (Lc 7,36-50). Il vangelo di Luca non insiste molto più degli altri evangelisti nel mettere in evidenza che Gesù perdona i peccati, tuttavia esso solo trasmette le parole di Gesù sulla croce «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34) e la figura del buon ladrone “perdonato” e accolto in Paradiso (Lc 23,39-43). Inoltre, a partire dalla fine del suo vangelo, Luca introduce l’annuncio del perdono dei peccati proclamato a tutte le nazioni (Lc 24,47) che riprenderà più volte lungo gli Atti degli Apostoli, che sono il secondo volume della sua opera, la continuazione del suo vangelo.
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