di P. Ermanno Barucco ocd

La luna Cristo redentore

«Celebreremo quest’anno la Pasqua?» È la domanda che ricorre spesso in questi giorni che ci vedono “bloccati” a casa non potendo svolgere attività lavorative e scolastiche, sociali e religiose, nel tentativo di limitare la diffusione del coronavirus Covid-19 ormai divenuta una pandemia. «Non si può non celebrare la Pasqua insieme!» Si sente dire smarriti e impotenti, arrabbiati e preoccupati. Intanto il Vaticano ha annunciato che le cerimonie pasquali di papa Francesco saranno trasmesse in streaming senza partecipazione dei fedeli. E quindi? Niente Pasqua?

Eppure la nostra fede cristiana e la coscienza a riguardo del significato dei diversi momenti dell’anno liturgico dovrebbero offrirci altre strade per vivere con speranza questo “dramma” sulla Pasqua: “il tempo è nostro amico”, arriverà il tempo in cui potremo finalmente celebrare la Pasqua comunitariamente.

Sì, perché – prima strada, se riusciremo a fare in tempo, cioè se l’emergenza sarà terminata per allora – potremo celebrare la Pasqua in un qualunque giorno dal 12 aprile fino al 31 maggio! Abbiamo tempo fino al 31 maggio! In effetti fino alla domenica di Pentecoste, durante i 50 giorni del “tempo pasquale”, “ogni giorno” è la Pasqua del Signore!

E poi – seconda strada – ogni domenica è Pasqua, «Pasqua della settimana» secondo la millenaria fede della Chiesa, perché, risuscitando il “giorno dopo il sabato” e apparendo risorto ai suoi discepoli anche “otto giorni dopo”, Gesù ha trasformato la Pasqua ebraica annuale in Pasqua settimanale. Inoltre, come facciamo noi cristiani per la Pasqua annuale, così per ogni Pasqua domenicale si potrebbe vivere un Triduo pasquale (settimanale)… Quindi la domenica in cui potremo riprendere la celebrazione della messa con tutti i fedeli…. celebreremo la Pasqua!! Ogni domenica! Allora vivremo una “eucaristia nuova” tanto attesa, rinnovata nell’attesa e nella grazia di Dio.

In questo tempo di attesa della celebrazione della Pasqua stiamo riscoprendo con Gesù l’eucaristia: «Padre, ti ringrazio [eucharistò, in Greco, da cui eucaristia] perché mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato» (Gv 11,41-42). Dire “Grazie, papà” (secondo l’uso di Gesù di dire “abbà” a Dio, cioè “papà” traducendo l’Aramaico), è l’eucarestia di Gesù, poi realizzata rendendo grazie col pane e col vino che diventano suo Corpo e suo Sangue, poi compiuta nella sua morte in croce e nella sua risurrezione ad opera del Padre. Con questo “Grazie, papà” Gesù ci fa rivivere (lui in noi, noi con lui) questa sua fiducia e questo suo abbandono nella braccia del Padre suo. La nostra fede è questa: Gesù risuscita il suo amico Lazzaro per mostrare che il Padre vuole donare la vita ai morti attraverso di lui, suo Figlio, che ha detto poco prima: «Io sono la Risurrezione e la Vita» (Gv 11,25).

Nell’attesa di celebrare la Pasqua-Pentecoste e l’“eucarestia nuova” della Pasqua settimanale, «non lasciamoci rubare la speranza», come ha detto papa Francesco (Evangelii gaudium, 86). La speranza ci è donata riscoprendo alcune profondità inesplorate dell’anno liturgico sul significato della Pasqua, che possiamo scandagliare ancora di più con Gesù morto e risorto. Per approfondire ciò invitiamo a leggere un altro articolo (clicca qui).

«Buona Pasqua!», in anticipo sì. Un giorno sarà possibile celebrarla insieme… quando ci sarà donata dal Padre: la aspettiamo con fiducia.

P.S. Ringrazio le Edizioni OCD, in particolare padre Giacomo Gubert, per avere concesso di scaricare gratuitamente il PDF dell’articolo consigliato.