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Annunciamo con gioia la prossima creazione a cardinale di Anders Arborelius, nostro confratello svedese attualmente vescovo di Stoccolma. Lo ha detto ieri Papa Francesco al termine del Regina Coeli, annunciando anche la data della effettiva nomina al cardinalato, che si terrà durante il concistoro del prossimo 28 giugno. 

Ecco un breve profilo biografico del nostro nuovo cardinale (attualmente l'unico carmelitano a rivestire la porpora cardinalizia, nonché il primo cardinale scandinavo della Storia della Chiesa!):

Nato nel 1947 a Sorengo (Svizzera) da genitori svedesi, è cresciuto a Lund, nella Svezia meridionale. Dopo aver praticato la fede cristiana nella confessione luterana, a vent'anni si è convertito al cattolicesimo e nel 1971, affascinato dalla lettura di S. Teresa di Gesù Bambino, è entrato nel nostro Ordine dei Carmelitani Scalzi. Ha studiato teologia a Bruges, dove ha preso i voti, e presso la nostra facoltà teologica del Teresianum a Roma. Nel 1979 è stato ordinato sacerdote dall'allora vescovo di Stoccolma Hubertus Brandenburg. Per molti anni ha vissuto nel convento di Norraby, nel comune di Svalöv, nel sud della Svezia.

Il 17 novembre 1998 è stato nominato vescovo di Stoccolma da papa Giovanni Paolo II, a seguito della rinuncia di Hubertus Brandenburg, divenendo in questo modo il primo vescovo cattolico di sangue svedese dall'inizio della Riforma protestante. Dal 2005 al 2015 è stato presidente della Conferenza episcopale della Scandinavia. È stato membro del Comitato di presidenza del Pontificio consiglio per la famiglia; dal 2014 è consultore del Pontificio consiglio per i laici.

Il suo motto episcopale è In laudem gloriae, segno di un animo contemplativo in quanto è chiaro richiamo alla spiritualità di S. Elisabetta della Trinità. La monaca carmelitana infatti aveva scelto questa espressione paolina, tratta dall'inno iniziale della lettera agli Efesini, come proprio nome e sunto della propria missione spirituale. Padre Anders ha molto a cuore questa santa e le ha dedicato un originale studio pubblicato sulla rivista Teresianum 36 (1985), reperibile qui in inglese. Sulla rivista della nostra Provincia veneta, Quaderni Carmelitani, ne è uscita la traduzione in italiano all'interno del numero 22 (2005): "La Chiesa, mistero di comunione e di amicizia, in Elisabetta della Trinità" (clicca qui per scaricarla).

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Facciamoci dunque rispiegare dalla nostra Elisabetta, canonizzata proprio qualche mese fa, chi sia l'anima che sceglie, come lei e come il nostro Padre Anders, di essere in laudem gloriae:

“Per decreto di Colui che opera tutte le cose secondo la sua volontà, noi siamo stati predestinati ad essere la lode della sua gloria” (Ef 1,11-12). Come realizzare questo grande sogno del Cuore del nostro Dio, questo volere immutabile sulle nostre anime? In una parola, come rispondere alla nostra vocazione, e divenire perfette Lodi di gloria della Santissima Trinità? [...] Una lode di gloria è un’anima che dimora in Dio, che l’ama di un amore puro e disinteressato, senza ricercare sé nella dolcezza di quest’amore; che l’ama al di sopra di tutti i suoi doni, anche se non avesse ricevuto niente da Lui e che desidera il bene dell’Oggetto amato. Orbene come desiderare e volere effettivamente il bene di Dio se non compiendo la sua volontà, poiché questa ordina tutte le cose per la sua gloria più grande? Dunque quest’anima deve consegnarsi pienamente, perdutamente fino a non volere altro, se non quello che Dio vuole.

Una lode di gloria è un’anima di silenzio che sta come una lira sotto il tocco misterioso dello Spirito Santo affinché Egli ne faccia uscire delle armonie divine; ella sa che la sofferenza è una corda che produce suoni ancora più belli, così ella ama vederla nel suo strumento alfine di smuovere più deliziosamente il Cuore del suo Dio.

Una lode di gloria è un’anima che fissa Dio nella fede e nella semplicità; è un riflettore di tutto ciò che Egli è; ella è come un abisso, senza fondo, nel quale Egli può scorrere, espandersi; è come un cristallo attraverso cui Egli può irradiarsi e contemplare tutte le sue perfezioni e il proprio splendore. Un’anima che permette così all’Essere divino di saziare in lei il suo bisogno di comunicare “tutto ciò che Egli è, tutto ciò che egli ha”, è in realtà la lode di gloria di tutti i suoi doni.

Infine una lode di gloria è un essere sempre nell’azione di grazie. Ciascuno dei suoi atti, dei suoi movimenti, dei suoi pensieri, delle sue aspirazioni nel medesimo tempo che la radicano più profondamente nell’amore, sono come un’eco del Sanctus eterno… Nel cielo della sua anima, la lode di gloria comincia già il suo ufficio dell’eternità. Il suo cantico è ininterrotto perché ella è sotto l’azione dello Spirito Santo che in lei opera tutto; e sebbene ella non ne abbia sempre coscienza perché la debolezza della natura non le permette di essere fissata in Dio senza distrazioni, ella canta sempre, ella adora sempre, ella è, per così dire, tutta passata nella lode e nell’amore, nella passione della gloria del suo Dio" (Come si può trovare il cielo sulla terra, 10 agosto 1906).