a cura delle Carmelitane Scalze di Vicenza

gherardo delle notti nativita

Che fredda si preannuncia la notte … ed io qui a vegliare. Ma questo mi ha ordinato il mio padrone alla sua partenza e non  Lo voglio deludere: mi ha preso al suo servizio, che neppure sapevo distinguere il giorno dalla notte, e ora che i miei occhi sono offuscati, non mi ha messo da parte. Sì, sono ancora qui, nella mia guardiola, come allora, come sempre, se lo vorrà. Io l’attendo per un’ora che non so. L’attendo perché lo amo ed è il Suo arrivo la mia ricompensa. La nostalgia non mi offusca di lacrime lo sguardo: lo rischiara per distinguere chi può entrare dalla Sua porta e chi è meglio non vi passi. E’ Lui che mi ha insegnato a mettere da una parte le luci e dall’altra le ombre, a camminare quando davanti c’è un chiarore ed attendere al bagliore del fuoco, quando il cuore è confuso. Il mio nome? Quello non me lo ricordo neppure io. No, davvero, e ne sono felice, perché era un’altra vita quella; e non sarà più la mia. Il mio Padrone si è seduto accanto a me, un giorno. Non abbiamo; mi ha guardato come nessun altro prima- nemmeno mia madre - e mia detto: “Amico”. Da allora non mi ha più chiamato in altro modo. Solo così. E io - lo so, sì, lo so dal profondo della mia anima- lo sono diventato per davvero suo amico.

Quando Egli ha visto il mio sguardo smarrito alla porta di casa, prima di imboccare la via del viaggio, mi ha detto: “Amico, non temere, Io tornerò di certo. Magari ti sorprenderai del  modo, perché non amo farmi notare; anche il mio aspetto sarà per te del tutto inatteso.  Ma Mi riconoscerai se terrai accesa questa lampada. Forniscila di olio. Ti aiuterà a tener vivo il desiderio di me.  Ma della luce che ti tiene desto, non dimenticare di farne parte con gli altri servi che, nella casa, mi attendono con la loro lampada, impegnati nei compiti, che ho loro affidati. Condividi la tua attesa: basta poco per riscaldare il cuore degli altri. Al mio arrivo saprò che tu mi attendi  se vedrò la mia  casa tutta illuminata. Allora ti farò parte della mia gioia: Io stesso mi farò tuo servo, per donarti ogni mio bene, tutta la Mia vita.”

Lo credereste? Lui non mi ha mai chiamato servo, mai, neanche quando doveva rimproverarmi per la mia pigrizia: e quel giorno il mio Padrone mi ha promesso di essere Lui un servo per me. Al suo scomparire all’orizzonte, tra la polvere sollevata alla corsa del cavallo, mi sono alzato dal mio sgabello ed ho cominciato a spazzare la via. Proprio così. Non sia mai, mi sono detto, che la prima ad entrare nella Sua casa sia la sabbia peregrina sulla strada, che toglie il nitore dell’aria, che offusca la luce del sole e annebbia la vista ai servi. E al tramonto ho preso la mia lampada, la lampada di tutti quanti e giù, a riempirle di olio, fino all’orlo…ed anche oltre. 

Su, vegliate, vegliate, vi dico, fratelli miei. Il Padrone è partito, ma torna, oh sì che tornerà. Occhi vigili, non assopitevi, e orecchie attente: che nulla ci distragga. Tornerà l’Amico, tornerà e passerà a servirci. Avanti chi dice che Egli ha mancato mai alla Sua Parola, anche per una sola volta.

Per anni ho udito i servi ridere e piangere, pregare e cantare. Per anni ho creduto che quella era la Sua Voce; e l’ho ascoltata, consolata, accompagnata. Qualcuno, passando per via, mi sbeffeggiava, dandomi del pazzo. Eppure, ne sono persuaso, il mio Signore non se n’è mai andato per davvero: è tornato nello sguardo degli altri, torna nelle loro parole, tornerà per chiamarmi ancora: “Amico, vieni” .