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di P. Angelo Lanfranchi ocd

Santa Teresa

Il punto d’avvio della ricca e complessa iconografia teresiana è il ritratto dipinto a Siviglia nel 1576 da fra Giovanni della Miseria (Giovanni Narducci) su ordine del Padre Graciàn, allora Provinciale della Riforma. Santa Teresa vi è rappresentata a mezzo busto, di tre quarti, le mani giunte in preghiera, rivolta verso una colomba; un cartiglio circonda la testa leggermente aureolata e porta il testo latino: Misericordias Domini in aeternum cantabo (Sal 88,2; cfr. Lettera del 19 novembre 1581). L’aureola e il cartiglio risalgono all’epoca della beatificazione della Madre, mentre la colomba è stata probabilmente dipinta subito dopo la sua morte (infatti, già nel 1588 ritroviamo la stessa composizione in una stampa che s’ispira al ritratto di Siviglia). 

Teresa stessa narra di una visione che ebbe un giorno, scorgendo sulla sua testa «una colomba molto diversa dalle nostre, senza penne e con le ali come a scaglie di madreperla, che davano grande splendore. Era più grande delle colombe ordinarie, e mi sembrava di udirne il frullo delle ali» (Vita 38,10). Tuttavia la grazia mistica sopra descritta non basta – da sola – a giustificarne la presenza in questo primo quadro della Santa. Tale aggiunta rivela invece una notevole audacia, poiché è la prima volta che la colomba dello Spirito Santo – generalmente evocata in tutte le circostanze in cui Egli agisce o ispira (essa è dunque l’attributo degli Evangelisti, dei Padri, in particolare S. Gregorio Magno, e dei Dottori) – viene messa in relazione con una donna, con l’intento dichiarato di attribuire al suo insegnamento un valore magisteriale pari a quello dei Dottori della Chiesa universale.

Il medesimo concetto è ribadito dagli altri simboli che, sin dall’inizio, vengono associati alla Santa: il libro e la penna, lo scrittoio-cattedra, il berretto dottorale. Teresa è spesso rappresentata mentre scrive, in un atteggiamento estatico d’ascolto, rivolta verso un raggio luminoso che scende verso di lei. In una tela del sec. XVII (Pastrana) Teresa parla dal pulpito, mentre un pubblico eminente di rappresentanti dei vari Ordini l’ascolta con deferenza, mentre un cartiglio recita: Ab ipsis edocta docens (Teresa istruisce, con la sua dottrina mistica, coloro stessi che l’hanno istruita).

Fin dal 1607, Anna di Gesù aveva concepito il progetto di realizzare una Vita di Santa Teresa in immagini. Le 25 tavole apparvero ad Anversa nel 1613 ad opera degli incisori A. Collaert e C. Galle e influenzarono non poco l’iconografia teresiana nei Paesi Bassi (il monastero delle Carmelitane Scalze di Bruxelles conserva una serie di grandi quadri a olio fortemente ispirati da tali incisioni), ma anche in Spagna e in Italia. Vari temi vi trovarono la loro formulazione essenziale pressoché definitiva. Ne ricordiamo alcuni, legati alle esperienze mistiche della Santa. Anzitutto la “trasverberazione”: evento sopravvenuto allorché Teresa era priore nel monastero dell’Incarnazione. Nella raffigurazione, Teresa si trova inginocchiata in una cappella; ritto dinanzi a lei, un Cherubino le immerge nel cuore una freccia dalla punta infiammata: «Pareva che me lo configgesse a più riprese nel cuore, cacciandomelo dentro fino alle viscere, che poi mi sembrava strappar fuori quando ritirava il dardo, lasciandomi avvolta in una fornace di amore» (Vita 29,13). Gian Lorenzo Bernini ne ha offerta una celebre versione nella grande scultura realizzata per la chiesa di S. Maria della Vittoria, a Roma.

Vi è poi la grazia del “matrimonio spirituale”: Cristo consegna a Teresa un chiodo della croce, quale pegno di alleanza sponsale. «Mi porse la destra e mi disse: “Guarda questo chiodo: è segno che da oggi in poi tu sarai mia sposa. Finora questa grazia non l’avevi meritata, ma d’ora innanzi tu avrai cura del mio onore non solo perché sono tuo Dio, tuo Re e tuo Creatore, ma anche perché tu sei mia vera sposa. Il mio onore è tuo, e il tuo è mio» (Relazioni Spirituali n. 35). Infine l’apparizione della Vergine e S. Giuseppe, che rivestono Teresa di un abito splendente (in genere simboleggiato dal mantello bianco delle monache carmelitane) e di una preziosa collana (Vita 33,14). La visione venne a confermare e rassicurare Teresa nelle molteplici traversie che dovette sopportare per la fondazione del monastero di S. Giuseppe, culla della riforma teresiana. 

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A questi importanti soggetti di origine e carattere “storici”, possiamo aggiungere la rappresentazione più simbolica di Teresa che ricopre col suo mantello i suoi figli e le sue figlie del Carmelo, in una composizione che richiama l’iconografia della Vergine Maria “madre di misericordia”. Teresa è veramente Madre. L’immagine della S. teresa custodita nel convento dei Carmelitani Scalzi di Treviso valorizza il simbolo del libro che richiama insieme la produzione letteraria e il magistero di Teresa. Il volume è aperto all’ultima pagina, quasi dando per scontato che il contenuto sia stato letto e assimilato. E il testo latino recita: «Audi fili mi disciplinam patris tui et ne dimittas legem matris tuae». Si tratta di una citazione del libro dei Proverbi: «Ascolta, figlio mio, l’istruzione di tuo padre e non disprezzare l’insegnamento di tua madre» (1,8). Nel caso di Teresa è un consiglio da tenere in seria considerazione.