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125 anni fa, il Venerdì Santo del 1896, che allora cadde il 3 aprile, passata da poco la mezzanotte santa Teresa di Gesù Bambino ebbe il primo sbocco di sangue, sintomo della tubercolosi che la condusse alla morte un anno e mezzo dopo. Per lei, «inondata di gioia», quello fu «un dolce e lontano mormorio che [le] annunciava l’arrivo dello Sposo», «segno che il [suo] ingresso nella vita Eterna non era lontano…» (Ms C 4v°-5r°). La serva di Dio Chiara Lubich (1920-2008) riprende l’episodio per insegnarci ad amare Gesù abbandonato quando il dolore ci assale.

Abbracciare Gesù abbandonato

Domanda: «A volte nella mia vita riesco ad amare Gesù abbandonato subito e con gioia. Lo vedo, lo amo e riesco ad andare oltre la croce. Ma ci sono altre volte che lo vedo, però rimango davanti alla croce senza andare oltre. So che è lui, ma non amo veramente Gesù abbandonato perché rimango nel dolore. Chiara, cosa mi diresti per aiutarmi a superare questi momenti?».

Chiara: «Guarda, prima di tutto vorrei dire una cosa che forse non tutti sanno. Io vorrei spiegare bene questa storia, cioè che noi vediamo nel dolore Gesù abbandonato. Voi potete dire: “Ma senti, Chiara, quello è un dolore, mica è Gesù abbandonato!”.

Io mi ricordo sempre di santa Teresina del Bambino Gesù, alla quale era successo, prima di morire o qualche tempo prima, uno sbocco di sangue per la tisi che aveva, e lei non è che ha detto: ecco uno sbocco di sangue; lei ha detto: ecco lo Sposo; lei era una vergine, aveva sposato Gesù crocifisso. E ha detto: ecco lo Sposo. Allora santa Teresina ha detto una fantasia? Ha detto una cosa sentimentale? O ha detto la verità?

Ogni cosa si può vedere dal lato umano e dal lato soprannaturale. È successo questo: che Gesù, venendo su questa terra, ha preso la natura umana, è diventato uomo; lui sì che si è fatto uno, si è fatto uno e si è fatto uomo. Ma non si è fatto solo uomo; come dicono i padri della Chiesa, ha assunto, insieme all’umanità, ha assunto anche tutte le nostre pecche, tutti i nostri difetti, tutti i nostri fallimenti, tutti i nostri peccati, per redimerli; ha assunto tutta questa cosa. Per cui Paolo dice che si è fatto peccato, perché l’aveva sopra, non dentro, non peccatore, s’è fatto peccato; si è fatto scomunica, non scomunicato, ha preso e ha assunto con la natura umana tutti i nostri limiti. Per cui ecco perché noi possiamo dire quando ci succede una disgrazia, per modo di dire, non so, tu sei bocciata all’esame e tu dici: umanamente sì, sei bocciata all’esame, come santa Teresina poteva dire umanamente: umanamente è uno sbocco di sangue. Però soprannaturalmente quella bocciatura è già in Gesù che l’ha assunta, è in lui che l’ha assunta quando è venuto su questa terra, e allora tu, dietro a quella bocciatura, vedi lui, vedi il suo volto, come noi diciamo. È una verità, come per santa Teresina: ecco lo Sposo. E anche tu devi dire: ecco lo Sposo.

Naturalmente se è lo Sposo che deve essere di noi tutti: focolarini, volontari, lo Sposo della nostra anima è Gesù abbandonato, mica si può adesso buttarlo via, bisogna abbracciarlo; allora lo abbracciamo, cerchiamo di abbracciarlo. Tu stessa capisci che lì un pochino sbagli qualche volta perché non fai quest’atto d’amore. Perché Gesù abbandonato non è che va preso soltanto nel dolore; il vero Gesù abbandonato intero è Gesù abbandonato che soffre: “Dio mio, perché…?”, quasi che, dicono i teologi, sembra quasi che la Trinità si incrini, non è vero, ma lui prova questa sensazione come uomo. E poi però dice subito dopo, anche se si sente abbandonato dal Padre, quindi una tragedia infinita, lui dice, ecco la sua forza immensa: “Nelle tue mani, Padre, raccomando…, io mi butto in te, anche se tu mi hai abbandonato”. Lui si risolve.

Anche noi quando c’è Gesù abbandonato, quando c’è un dolore, dobbiamo dire: ecco, sei tu, sei lo Sposo della mia anima. Che tu sia... voi siate sposati o no anche sulla terra è lo stesso, l’anima è un’altra cosa, e tu dici: “Ti voglio, ti amo, ti abbraccio”. E far come lui: nelle tue mani... Dar la volta alla cosa. E poi – questo bisogna stare attenti – di vivere l’attimo presente dopo con tutto il cuore. E se tu lo vivi, cosa succede? Che viene la pace dentro, viene la gioia dentro, e quel peso del dolore non c’è più, non c’è più. Perché non c’è più? Perché al posto di Gesù abbandonato che viveva in te, è fiorito il Risorto, e il Risorto è lo Spirito suo che emana i suoi doni, per cui tu senti dentro di te: gioia, pace, forza, tutto…, viceversa è sparito quello che prima...

Per cui il mio consiglio è: abbraccialo bene, vivi l’attimo presente dopo e vai avanti. Se noi siamo arrivati in capo al mondo lo dobbiamo a questo, perché magari ricominciando, magari ricominciando, ecco, abbiamo fatto di ogni ostacolo una pedana di lancio. C’era l’ostacolo di un dolore, e invece che star lì a scappare, abbiamo cercato, magari abbiamo sbagliato mille volte, ma quella volta abbiamo cercato di affrontarlo e far, appunto, dell’ostacolo una pedana… E allora: lancio, lancio, lancio, lancio, si arriva in capo al mondo».

Genova, 16 dicembre 2001

Centro Chiara Lubich - Movimento dei Focolari

www.centrochiaralubich.org