di P. Ermanno Barucco ocd

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La Madonna della Misericordia del Bertoja: l’originale e la “copia”

Alla Galleria Nazionale di Parma, nel Palazzo della Pilotta, si trovano l’uno a fianco dell’altro due quadri molto simili. Infatti uno è considerato l’originale e l’altro la copia. Pur accettando questi termini impiegati nella storia dell’arte si potrebbe invece cercare di capire, confrontandoli, se i due autori non abbiano anche fatto delle scelte stilistiche e tematiche che rendono comunque i due dipinti diversi.

Ci riferiamo precisamente alla Madonna della Misericordia di Jacopo Zanguidi detto Bertoja (1544-1574), dipinta nel 1564, e alla “copia” realizzata nel 1628 da un certo “Maestro Alessandro”, identificato dai più con Alessandro Bernabei (1580-1630) ma per altri da ritenere Alessandro Tiarini (1577-1668). Entrambi i dipinti sono legati alla Confraternita della Beata Vergine Maria del monte Carmelo di Parma che li fece realizzare come stendardi processionali e furono conservati nell’Oratorio San Quirino (in sacrestia secondo alcune indicazioni più precise), luogo di culto e di formazione della Confraternita. Risalente al 1331, l’edificio fu riedificato nella prima metà del XVIII secolo a pianta ottagonale e con cupola ovale.

Uno schema iconografico comune: la Madonna della Misericordia

Nel tardo Medioevo si diffuse ampiamente l’iconografia della Madonna della Misericordia: la Vergine che apre le sue braccia accogliendo sotto il suo manto i fedeli, quasi sempre in preghiera, inginocchiati e con le mani giunte. I due dipinti, quello del Bertoja e quello del Bernabei, riprendono questo schema iconografico, ma nella sua “copia” il Bernabei sostituisce le donne velate a destra con altri uomini incappucciati, già presenti a sinistra anche nell’originale. I membri della Confraternita erano inizialmente sia uomini che donne, ma poi sono forse diventati solo uomini, oppure la branca maschile ha richiesto uno stendardo particolare solo per loro (non conosciamo il motivo che spinse a questa variante pittorica). La presenza di due o più Santi dietro la Madonna o a fianco dei fedeli è ancora una caratteristica del medesimo schema iconografico, anche se più spesso ci sono dei putti volanti che tengono aperto il manto misericordioso di Maria. Nell’originale del Bertoja è la Vergine a tenere nelle sue mani il manto aperto grazie alle braccia ben distese, mentre il Bernabei varia facendo tenere il manto ai due Santi così che le mani di Maria si possano aprire in gesto di accogliente abbraccio.

Due santi Carmelitani: sant’Angelo e sant’Alberto

Chi sono i due Santi rappresentati? Non sono due Santi domenicani, come a volte è stato scritto, ma due Santi carmelitani. L’errore è stato indotto dalla rappresentazione del Santo a destra, trafitto in petto da un pugnale e con un coltello conficcato in testa. Sono gli attributi iconografici, molto noti nella storia dell’arte, di san Pietro martire da Verona (1205-1252), un Domenicano. Tuttavia l’abito dei Domenicani è sì bianco ma il loro mantello è nero, mentre i Santi che vediamo nei due dipinti hanno l’abito marrone e il mantello bianco, tipicamente carmelitani. La confusione è stata ingenerata dal fatto che gli stessi elementi iconografici del pugnale nel petto e del coltello conficcato in testa sono utilizzati anche per il Carmelitano sant’Angelo da Gerusalemme (o di Licata, 1185-1225), che portò la regola carmelitana a Roma per l’approvazione papale e morì martire. Il Santo a sinistra è probabilmente sant’Alberto da Trapani (1240-1307), grande predicatore e taumaturgo. Questi due Carmelitani del Duecento furono venerati insieme nel XVI secolo come i Patres Ordinis, i Padri dell’Ordine Carmelitano. La cosa non chiara è il motivo che ha spinto il Bertoja (ripreso pari pari dal Bernabei) ad attribuire il giglio e la palma ad Angelo e la sola palma ad Alberto, quando l’iconografia carmelitana associa classicamente il giglio della purezza ad Alberto e la palma del martirio ad Angelo. 

Due profeti “carmelitani”: Elia ed Eliseo

Nella tradizione iconografica carmelitana questi due Santi, in quanto “Padri” dell’Ordine carmelitano, sono facilmente paragonati ai due grandi profeti del monte Carmelo vissuti nel IX secolo prima di Cristo, Elia ed Eliseo, considerati rispettivamente il mitico fondatore dell’Ordine carmelitano e il suo primo discepolo. Ciò che è tradizionalmente implicito in Bertoja è esplicitato da Bernabei che appunto rappresenta i due profeti tra le nuvole appena sopra i due Santi, come ad indicarne la continuità nello spirito profetico dell’Ordine e a tracciare una storia millenaria che si rinnova con nuovi frutti di santità. Sopra sant’Alberto si trova Elia, riconoscibile dalla spada infuocata (anche se qui solo la punta della spada è a forma di fiamma), attributo classico del biblico profeta di fuoco; sopra sant’Angelo riconosciamo Eliseo perché è un po’ calvo e porta come attributo un bastone, sulla base di alcuni episodi biblici che lo riguardano.

Due misteri mariani diversi: dall’Immacolata concezione alla Assunta in cielo

Guardando i due dipinti si è subito attirati dallo stesso colore rosso dell’abito e dalla stessa postura della Vergine che poggia i piedi su una nuvola e che ha gli occhi rivolti in alto verso la luce divina. Ciò potrebbe farci pensare che i due dipinti rappresentino lo stesso mistero mariano, ma non è così. Si tratta certo di una Madonna della Misericordia in entrambi i casi, l’abbiamo visto, e una Madonna carmelitana, visti i Santi carmelitani e i membri della confraternita della Beata Vergine Maria del monte Carmelo (il Bertoja nella cornice inserisce due scritte inequivocabili al riguardo: in alto “Societas B. V. Mariae” e in basso meno leggibile “Virgine Mariae de m[onte Car]melo”). Tuttavia il contesto tutt’intorno è diverso ed è questo che porta a privilegiare un determinato mistero mariano rispetto ad un altro. Spieghiamo.

Nella cornice dipinta, realizzata con una preziosa decorazione fatta di mascheroni dorati che si alternano a motivi di angeli a candelabra, il Bertoja inserisce ai lati due finte nicchie con due statue, Adamo a destra vicino agli uomini incappucciati ed Eva a sinistra vicino alle donne velate. Adamo tiene con una mano la mela e con l’altra mano copre la sua nudità con una foglia di fico. Eva sta anch’essa coprendosi il petto con un braccio e il pube con una foglia di fico sorretta dall’altra mano. Al suo fianco e vicino al suo piede, appare il serpente tentatore, così da rinviare a Genesi 3,14 secondo la Vulgata, «e lei ti schiaccerà la testa e tu lei insidierai il calcagno». Le figure dei primi progenitori evocano di colpo il tema del peccato originale ma anche quello dell’Immacolata concezione di Maria che ne è stata preservata (un titolo mariano promosso dai Carmelitani); suggeriscono la richiesta di Misericordia per i propri peccati da parte dei membri della Confraternita che ricorrono perciò all’intercessione della Vergine (che alza gli occhi verso la luce divina che scende dal cielo), ma anche la grazia della redenzione operata del figlio di Dio e di Maria che schiaccia definitivamente la testa al serpente. Il mistero mariano contemplato nel dipinto del 1564 è quindi quello dell’Immacolata concezione.

Il Bernabei nel 1628 su questo punto non copia il Bertoja, non ci sono più né la larga cornice dipinta né Adamo ed Eva. Il Bernabei amplifica invece il tema celeste della luce divina rappresentando addirittura uno squarcio tra le nuvole, con una colomba dello Spirito Santo che discende dal cielo immerso nella luce, e aggiungendo due angeli volanti pronti a incoronare, a nome di Dio, la Vergine. Questi nuovi elementi celesti insieme all’apparire di tutte le nuvole (assenti in Bertoja!) intorno allo squarcio in alto come pure quelle che sostengono i profeti e che attorniano da dietro la Vergine indicano il passaggio dal mistero mariano dell’Immacolata concezione (Bertoja) verso quello dell’Assunta incoronata in cielo (Bernabei) avvolta dalla luce divina (da notare a questo riguardo la differenza nell’aureola di Maria tra l’originale e la “copia”, aureola più ampia e luminosa nel Bernabei). Poiché è stata incoronata Regina una volta assunta in cielo la Vergine svolge un ruolo di intercessione misericordiosa verso coloro che si rivolgono a Lei, come in quest’antica preghiera: Sotto la tua misericordia cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa [assunta in cielo] e benedetta.

Conclusione con apertura…

I 64 anni che separano i due dipinti hanno rappresentato probabilmente il tempo di un’evoluzione che ha riguardato particolarmente i membri della Confraternita della Beata Vergine Maria del monte Carmelo di Parma, e che si rende visibile nella varianti che il Bernabei opera rispetto al Bertoja. Le nostre considerazioni sono partite da ciò che è visibile nei due dipinti e che si può inoltre intuire con uno sguardo al tema religioso, senza entrare nelle questioni stilistiche e artistiche. Solo studi storici e archivistici potranno farci sapere qualcosa di più e in maniera più precisa. Il campo della ricerca è ampio e aperto…

L’immagine della Madonna della Misericordia di Alessandro Bernabei (1628, cm 200 x 120, Galleria Nazionale di Parma) è pubblicata su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – Complesso Monumentale della Pilotta. Ringraziamo per la documentazione la dott.ssa Annarita Ziveri, della Soprintendenza SABAP di Parma e Piacenza, responsabile dell’Archivio fotografico della Galleria Nazionale di Parma. Il nostro sito è lieto di rendere nota l’immagine di un dipinto che è assai raro vedere nei mezzi di comunicazione.