Nelle terapie intensive, negli hospice, nelle RSA o case di riposo, a casa, la persona morente potrebbe trovarsi sola e isolata: per questo serve una nuova coscienza sugli ultimi momenti della vita, una risposta sociale ed etica per saper garantire a tutti assistenza e vicinanza, ma anche una risposta di fede, che sappia essere più profonda e valida in ogni circostanza, anche nell’eventualità di dover affrontare la morte da soli. La tradizione cristiana, soprattutto quella della fede popolare, trasmessa anche attraverso l’arte, ci ha lasciato delle indicazioni preziose che possono essere riprese.

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La morte (o Transito) di san Giuseppe

Con a fianco Maria e Gesù, Giuseppe spira in pace disteso nel letto – come vediamo in alcune raffigurazioni dell’arte cristiana – e così san Giuseppe diventa “patrono” (protettore e modello) di coloro che stanno morendo, i quali quindi non sono mai soli, anche se non sono attorniati da familiari o da altre persone. Gesù, Maria e Giuseppe sono sempre al loro fianco, la Santa Famiglia diventa la famiglia che attornia e consola ogni morente.

Le raffigurazioni della Santa Famiglia nell’Ars moriendi

Alcune Xilografie corredavano le versioni brevi dell’Ars moriendi, cioè quei libri con testi e immagini nati nel XV secolo ai tempi delle epidemie di peste, per permettere ai fedeli cristiani di prepararsi alla morte in assenza dei familiari e del sacerdote che dicesse le preghiere e amministrasse gli ultimi sacramenti. In esse sono spesso raffigurati – a fianco del morente intorno al suo capezzale – Gesù, Giuseppe e Maria, oltre a vari demoni tentatori (per provocare la disperazione) ma spesso anche altri santi e alcuni angeli (per sostenere nella fiducia in Dio).

Gesù, Giuseppe e Maria…

Pregare per i morenti e con i morenti, conosciuti o no, significa creare una comunione tra i santi ed essere loro vicini nello Spirito, per far sentire a quanti stanno morendo da soli di non essere soli, ma di essere amati da Dio Padre, consolati dalla Santa Famiglia e “attorniati” dalla amorevole preghiera dei fedeli, compresi i loro familiari. Possiamo pregare per loro e con loro attraverso quelle preghiere che ci sono state trasmesse dai nostri nonni:

Gesù, Giuseppe e Maria, vi dono il cuore e l’anima mia

Gesù, Giuseppe e Maria, assistetemi nell’ultima mia agonia

Gesù, Giuseppe e Maria, spiri in pace con voi l’anima mia.

In queste invocazioni c’è forse troppa insistenza solo sulla salvezza dell’anima senza riferimenti diretti a Dio e alla fede nella risurrezione del corpo; tuttavia, anche se il vocabolario spirituale è un po’ datato, il significato è ancora valido!

Nascita delle tre giaculatorie…

Le tre giaculatorie sembrano essere nate, per stile e vocabolario, nell’ambiente di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787), e infatti ne ritroviamo alcuni esempi nelle sue opere. Il primo lo si trova nel Settenario di meditazioni a san Giuseppe pubblicato nel 1758, nel Sesto giorno, a conclusione delle preghiere della meditazione dedicata alla morte di San Giuseppe: «Gesù, Giuseppe e Maria, vi dono il cuore e l’anima mia. Gesù, Giuseppe e Maria, in quell’estrema agonia, fatemi morire in vostra compagnia». Un altro esempio si trova nelle Proteste per ben morire, sempre pubblicato nel 1758, in appendice all’opera ben nota Apparecchio alla morte: «Gesù, Giuseppe e Maria, assistetemi nella mia agonia. Gesù, Giuseppe e Maria, a voi mi dono, e voi ricevete in quel punto l’anima mia».

Queste formule ebbero probabilmente successo e le ritroviamo anche in Francesco Antonio Marcucci (1717-1798), contemporaneo di sant’Alfonso, che sembra usare le giaculatorie in una versione più vicina alla formula a noi nota: «Gesù, Giuseppe e Maria, vi dono il cuore e l’anima mia, siate sempre in mia compagnia, assistete alla mia agonia, e spiri in pace fra voi l’anima mia. Amen». Sembra che le tre giaculatorie come noi le conosciamo si diffondano, verso il 1770, in una “Coroncina in onore di Gesù, Giuseppe e Maria” che consiste nel ripeterle sette volte, attribuita al Marcucci.

Quest’uso popolare è stato intercettato dalla Chiesa e approvato pochi anni dopo da Pio VII, il 28 aprile 1807, con relative indulgenze per chi le recita.

La comunione dei Santi: pregare per i morenti e con loro

In questi giorni in cui abbiamo celebrato la festa di tutti i Santi e poi la commemorazione dei nostri cari defunti, sarebbe bello prendere coscienza della necessità di vivere la Comunione dei Santi (siano essi vittoriosi in Cielo, in via di purificazione in Purgatorio o ancora pellegrinanti sulla terra) pregando tutti insieme per i morenti, a causa della pandemia o per altro motivo. Che la Chiesa tutta intera (chiesa trionfante, purgante, militante… e anche angelica) preghi per i morenti e con loro è una dimensione della nostra fede in Gesù morto e risorto che riscopriamo insieme alla preghiera per i malati e per la loro guarigione.

Tutto diventa espressione di affidamento fiducioso nelle mani di Dio Padre che ci ha già preparato un posto, insieme a tutti i Santi e quando lui vorrà, nella sua Casa in Cielo. E allora viviamo la settima opera di misericordia spirituale in modo più ampio ed esplicito: “pregare Dio per i vivi e per i morti… per i malati e i sofferenti, per i morenti e con i morenti”.

Vedi anche:

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