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di P. Aldino Cazzago ocd

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La Vergine Maria nell’antica tradizione carmelitana

L’Ordine carmelitano trae le sue lontane origini dall’esperienza di vita contemplativa che alcuni eremiti intrapresero alla fine del XII secolo sul Monte Carmelo, una montagna particolarmente cara alla storia del popolo d’Israele. Il Carmelo è un massiccio montuoso abbastanza modesto come dimensioni, che raggiunge un’altitudine di circa 550 metri e si estende per una ventina di chilometri. Esso prolunga i monti della Samaria e termina con un promontorio che si protende verso il Mar Mediterraneo. Oggi, adagiata ai contrafforti del Carmelo, sorge la città di Haifa, una delle più importanti dell’attuale Israele.

Nella Bibbia il Monte Carmelo è l’immagine della bellezza e della prosperità. La vegetazione era molto abbondante e i suoi pendii erano molto produttivi. Il Carmelo soffriva meno di altre regioni della siccità, grazie alla vicinanza del mare. D’altronde il nome “Carmelo” proviene da una radice etimologica che significa “giardino”.

Nel primo Libro dei Re è narrato l’episodio che rese celebre la montagna del Carmelo. In esso si racconta della lotta che il profeta Elia (IX sec. a. C.) intraprese contro i sacerdoti di Baal per stabilire quale fosse il vero Dio da invocare. La siccità mortale che aveva colpito Israele terminò solo quando il sacrificio di Elia, offerto con vera fede, ristabilì l’alleanza tra il Dio di Abramo e il popolo eletto (1Re, 18). Da allora, nella simbologia biblica, il Monte Carmelo diventa un luogo di alta spiritualità, immagine della fedeltà di Dio e della sua provvidenza. Il Carmelo conserverà nel corso dei secoli la sua particolare vocazione, di “Monte della decisione” [per Dio] e di “Monte dei veri profeti”.

Verso la fine del XII secolo, su questa stessa montagna, alcuni eremiti, uniti da una unica «Regola» di vita, consacrarono la propria vita a Dio nella preghiera e nel lavoro. Essi trascorrevano gran parte della propria giornata in singole celle scavate nella roccia poco distanti l'una dall’altra e si ritrovavano, però, assieme per i numerosi momenti di preghiera e per i pasti. Da subito essi capirono che la Vergine Maria rappresentava l’icona riassuntiva della vita totalmente consacrata a Dio e perciò della loro stessa vita. Non è un caso che la prima chiesa che gli eremiti costruirono sul Monte Carmelo fu dedicata proprio alla Vergine Santa. Quella loro scelta ebbe ben presto una forte risonanza se il fatto fu degno di essere menzionato in una «guida» per i pellegrini in Terra Santa, scritta attorno al 1230: «Sul fianco del Monte Carmelo vi è un luogo delizioso, in cui vivono gli eremiti latini, che si chiamano Frati del Carmelo. Vi è una piccola chiesa della Beata Vergine. L’acqua buona, che scaturisce dalle rocce, abbonda in quei luoghi».

Per quel tempo il titolo scelto per la chiesa, in altre parole la sua dedicazione, comportava anche un concreto coinvolgimento della vita di chi si metteva a «servizio» di quella chiesa e del santo a cui la chiesa era dedicata.

Un secondo particolare illustra ancor meglio il legame spirituale di quegli eremiti con la Vergine Maria. Il loro stesso nome trasse origine proprio dal titolo della loro prima chiesetta: «Fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo». Se l’eremita, come diceva la «Regola» (capitolo 2), doveva trascorrere la propria vita «nell’ossequio di Gesù Cristo», questo doveva svolgersi in una stretta parentela spirituale con colei che più di ogni altra creatura aveva servito lo stesso Signore Gesù: la Vergine Maria. Proprio perché questa parentela mariana era così intensamente percepita e vissuta, quei primi eremiti giunsero a chiamare Maria «sorella» e conseguentemente a sentirsi suoi spirituali «fratelli». 

Dal Monte Carmelo all’Europa

Tra gli eremiti questa parentela mariana non venne meno quando verso la fine del secolo XIII essi furono costretti a fuggire in Europa dove trovarono, ormai diffusi, gli Ordini mendicanti come i Francescani e i Domenicani, anch’essi segnati da una forte spiritualità mariana. In una sorta di competizione spirituale con questi Ordini, anche quello Carmelitano continuò a sviluppare ulteriormente la propria devozione mariana. Alla fine del XIV secolo nei conventi carmelitani ogni momento della Liturgia delle Ore (Lodi, Mattutino, Ora media, Vespri e Compieta) era preceduto dalla corrispettiva ora dell’«Ufficio della Madonna». La giornata si concludeva sempre con il canto della Salve Regina.

Nelle città dove si apriva un nuovo convento le chiese annesse erano sempre dedicate alla Vergine Santa e in particolar modo alla Vergine colta nel mistero dell’Annunciazione. Ovviamente le feste mariane del calendario liturgico erano celebrate dai religiosi carmelitani con particolare solennità. Fin dalla metà del XIV secolo l’Ordine Carmelitano si schierò in favore della verità della Immacolata Concezione di Maria, verità che sarà definitivamente proclamata con la definizione dogmatica nel 1854.

Poco dopo la metà del 1400 la devozione mariana nel Carmelo trovò una sintesi mirabile nei testi del carmelitano e letterato fiammingo Arnoldo Bostio, amico di Erasmo da Rotterdam. A suo giudizio il religioso carmelitano deve amare, imitare e invocare Maria perché ella è la creatura che più di ogni altra può intercedere presso il Figlio di Dio per qualsiasi grazia. Dopo Dio, Maria è ciò che di più luminoso e puro si possa immaginare. È «incomparabilmente bella e in essa si fonde ogni dono e grazia della natura, è sopra ogni altra persona piena di grazia, amorevole». È «di gran lunga la più splendida di tutte le creature … e la gloria del Carmelo». «Amare Lei è virtù somma, essere da Lei amato è somma felicità. Su via, con rinnovato fervore, adegua i tuoi passi alle sue virtù. Nessun giorno, nessuna notte, nessun cammino, nessun studio, nessuna conversazione, nessuna allegrezza, nessuna fatica, nessun riposo trascorri senza il suo affettuoso ricordo».

In un prossimo articolo racconteremo come i grandi santi carmelitani hanno vissuto il loro rapporto spirituale con la Vergine Maria.