Stampa

di P. Stefano Conotter ocd

lavandaLo scapolare

Nella prima e nella seconda parte di questa meditazione biblica sull’abito carmelitano abbiamo parlato del mantello e della tonaca, partendo dal vestito del profeta Elia descritto nei libri dei Re. Parlando dello scapolare non troviamo nel ciclo di Elia nessun riferimento diretto, perché si tratta di una parte del vestito monastico che è stata aggiunta in epoca medievale da diversi ordini monastici. Nell’Ordine carmelitano è entrato ufficialmente a far parte dell’abito nella seconda metà del XIII sec. e ha assunto ben presto un significato mariano.

“Scapolare” viene da «scapola» e indica quell'indumento formato da una striscia di stoffa con un foro al centro per infilarci la testa e che ricopre sia il petto che le spalle (in latino: scapulæ). All’origine lo scapolare serviva generalmente per i tempi di lavoro, così da proteggere l'abito e non insudiciarlo, come un grembiule. Era quindi un indumento di servizio.

E’ da qui che prende spunto la nostra meditazione, rimandandoci alla Lavanda dei piedi, che nel vangelo di Giovanni è al centro dell’ultima cena. Leggiamo al capitolo 13: “Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita” (Gv 13,3-4). Cogliamo la solennità con cui l’evangelista introduce il gesto di Gesù che depone le vesti per assumere l’indumento di servizio. Si percepisce in questo gesto tutta la portata della teologia paolina dell’inno ai Filippesi: “Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 5-8).

Ritornando alla Lavanda dei piedi, è interessante notare che il versetto 12 riporta che Gesù, dopo aver lavato i piedi agli apostoli, riprese le vesti, benché dai versetti precedenti non risulta che avesse deposto la veste di servizio. Ciò significa che Gesù ha assunto definitivamente l’essere servitore come un’identità che lo definisce: “Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,45).

Lungo tutto il vangelo Gesù continua a insegnare ai suoi discepoli a rivestirsi di questa identità, soprattutto attraverso le parabole. San Paolo poi declina questo servizio in Cristo come amore reciproco: “Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente” (Col 3,12-13).

Per altro la Regola carmelitana cita proprio l’esempio di san Paolo al numero 17 dove parla dell’importanza del lavoro nella vita monastica.

canarupnikDicevamo tuttavia che, nell’Ordine carmelitano, lo scapolare ha ricevuto ben presto un significato mariano, in primo luogo come segno della protezione della Vergine per l’Ordine dedicato al suo servizio. Ritroviamo però, nello scapolare carmelitano, anche questo significato di veste di servizio, di lavoro che Maria ha assunto dedicando tutta la vita a Gesù, mettendo tutte le sue energie al suo servizio, secondo la risposta data al momento dell’Annunciazione: “Eccomi, sono la serva del Signore”.

Ecco quindi che lo scapolare è un segno della premura di Maria che ci aiuta a rispondere anche noi all’amore del Signore, che si è fatto nostro servo e ci invita ad amarci reciprocamente: “Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,14.34).

Ed è proprio quello che Maria insegna ai discepoli-servitori alle nozze di Cana: “Fate tutto quello che vi dirà” (Gv 2,5). Sono le ultime parole di Maria nel Vangelo, come il suo testamento che continua a farci entrare nel suo stesso essere la Serva del Signore.