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di P. Antonio Maria Sicari ocd

74-Freedom-and-PeaceLa libertà

«Nella costruzione dell’io, la libertà nasce dall’obbedienza e l’obbedienza nasce dalla libertà». 
«Quando si ama, la parola preferita dall’uomo libero è il sì». 
«La nostra libertà diventa obbedienza (= ascolto) quando ci sentiamo chiamati da chi ci ama: cioè, quando la vita diventa vocazione». 
«Se mi sento chiamato dall’amore, che posso fare se non rispondere? Ed è così che io divento responsabile: uno che risponde liberamente».

Libertà e obbedienza sono le due parole chiave su cui si scontrano due progetti totalmente diversi. Nella società in cui viviamo non è difficile ascoltare ampi e solenni proclami in difesa delle libertà individuali. Ci viene suggerito in mille modi che abbiamo il diritto di essere liberi e che esser liberi significa poter fare tutto quello che si vuole. Ci viene perciò inculcato il giudizio che l’obbedienza è un limite (salvo quando la si impone ai bambini piccoli - poca, però!).

Spesso però la libertà, così accarezzata e venerata, assomiglia a quella di un animale addestrato che ripeterà sempre gli stessi gesti: è libero solo di muoversi lungo un percorso già tracciato! Così molti si sentono “liberi” solo perché possono scegliere dentro le stesse mode, possono correre dietro agli stessi piaceri, possono coltivare gli stessi hobbies e gli stessi vizi, possono seguire le stesse ideologie e optare per schieramenti già prefissati. Dentro la grande schiavitù, si possono poi godere mille piccole libertà soporifere. 

Diversa è invece la libertà vera – quella che la fede cristiana propone spingendola al massimo delle sue potenzialità. La libertà dell’io è quella di restare aperto alla totalità, è quella del cuore che resta capace di protendersi alla totalità, e di coltivare le sue esigenze infinite, ma l’io di cui si parla non è una immaginazione o un prodotto di fantasia.

È un io cosciente che la vita è tutta un tessuto di mille piccole obbedienze: le “obbedienze quotidiane” dovute alle esigenze del nostro corpo; alle esigenze del tempo e dello spazio in cui viviamo; alle esigenze della crescita che dobbiamo rispettare e realizzare; alle esigenze delle relazioni che intrecciamo; alle esigenze delle opere che costruiamo. In una parola: è un io non pigro, ma impegnato profondamente con la realtà che lo circonda.

E più grandi sono la creatività e la genialità del nostro io, più minuziose sono le regole a cui dobbiamo obbedire. Un esempio ci può aiutare a capire: pensiamo al gioco degli scacchi (ma l’esempio si può applicare ad ogni altro gioco). Tutto è affidato alla creatività e alla genialità del giocatore. Ma le regole sono ferree: i pezzi hanno tutti un loro posto prefissato, ognuno di essi ha delle traiettorie obbligate; ogni gesto condiziona l’intera partita; le mosse sono così “strette” che i giocatori le devono pensare  a lungo.  

Ma è proprio dentro quelle regole, e per loro mezzo, che la libertà del giocatore si sviluppa fino a raggiungere la genialità, fino a reinventare ogni volta il gioco, fino a destare l’ammirazione di chi lo osserva: è con la piena padronanza delle regole che si diventa “un campione”. Un bambino, messo davanti alla scacchiera, griderebbe che lui vuol essere libero, che i pezzi li mette come vuole e li usa come gli pare, che lui vuole divertirsi senza costrizioni!   Ma chi conosce il gioco sorride della sua testardaggine: agendo in quel modo, il bambino non è libero; è schiavo dei suoi istinti e della sua immaturità che lo portano a usare quei pezzi  allo stesso modo in cui usa tutte le altre sue cianfrusaglie.

In un gioco ben costruito e ben dichiarato (gli scacchi), mille piccole obbedienze sono a servizio della libertà del genio. Così è nella vita: non solo Dio Creatore ha disegnato la scacchiera e i pezzi e le regole del gioco della vita, ma si è anche preoccupato di venire Lui a farci compagnia, a istruirci, a darci perseveranza, a farci superare le nostre svogliatezze, le nostre stanchezze, la nostra voglia di rovinare tutto e di fare i bambini sciocchi.

Usciamo dai simboli: tutto in noi e attorno a noi è stato “disegnato” da Dio, ogni pezzo di vita porta impresse le “regole” che Egli ha dettato: così è per l’intera creazione e per le sue leggi; così è per le società; così è per l’uomo (per il suo corpo e per la sua anima); così è in particolare per il cuore umano e così è per il nostro destino! Ma queste parole restano astratte se un ragazzo non può vederle già realizzate (almeno in parte) nei suoi educatori, che meritano fiducia proprio perché testimoniano una esperienza in atto di libertà creativa nell’obbedienza alle leggi della vita.

24Women-Arriving-at-the-TomCi siamo soffermati sull’esempio del gioco. Ma lo stesso vale per la pratica dello sport: quanto allenamento per una prestazione entusiasmante! Lo stesso vale per chi si dedica alla ricerca scientifica: quanti esperimenti e quanti calcoli prima di una scoperta geniale! Lo stesso vale per la produzione artistica: quante ricerche e quante prove per trovare la giusta forma, la sfumatura voluta o l’ultimo tocco che impreziosisce l’opera d’arte! Lo stesso vale per la musica e la danza, al punto che Madeleine Delbrêl descriveva magnificamente la propria fede e il proprio rapporto con Dio come “il ballo dell’obbedienza”

«Per essere un buon danzatore,
con Te come con tutti, 
non occorre sapere dove la danza conduce.
Basta seguire,
essere gioioso,
essere leggero,
e soprattutto non essere rigido.
Non occorre chiederti spiegazioni
sui passi che ti piace di segnare.
Bisogna essere come un prolungamento,
vivo ed agile, di Te.
E ricevere da Te la trasmissione del ritmo
che l’orchestra scandisce.
Non bisogna volere avanzare a tutti i costi,
ma accettare di tornare indietro, di andare di fianco.
Bisogna saper fermarsi e saper scivolare invece di camminare.
Ma non sarebbero che passi da stupidi
se la musica non ne facesse un’armonia.
Ma noi dimentichiamo che fra le Tue braccia la vita è danza,
che la Tua Santa Volontà
è di una inconcepibile fantasia,
e che non c’è monotonia e noia
se non per le anime vecchie,
tappezzeria
nel ballo di gioia che è il Tuo amore» (in Noi delle strade, Gribaudi, 1988).

La vita dunque tutta intera – nei momenti dolci e in quelli drammatici, nelle situazioni gioiose e in quelle dolorose, nei passi lievi e in quelli difficili, è come una danza, tanto più libera quanto più obbediente. Ad una sola condizione: che ci sia una musica, per fare di tutto un’armonia, e che non si resti, pigri, “a fare da tappezzeria”. Chi sbandiera il principio che “per essere liberi non bisogna appartenere a nessuno” è come uno che vuol danzare senza stringere tra le braccia nessuno, senza lasciarsi stringere tra le braccia da nessuno.

Può inebriarsi muovendosi fino a stancarsi e a stordirsi, ma non può incontrare l’amore. 

Prossimamente pubblicheremo le prossime "tappe" di queste Tracce per un cammino. Resta aggiornato seguendo i nostri tweet o la nostra pagina facebook!