Stampa

di P. Aldino Cazzago ocd

giovannidellacroce

In occasione della prossima memoria liturgica di San Giovanni della Croce riproponiamo un’interessante pagina di Giovanni Paolo II sul mistico carmelitano.  È tratta da Varcare la soglia della speranza, il libro intervista con Vittorio Messori del 1994. Alla domanda di stabilire un confronto tra il buddismo e il cristianesimo in fatto di rapporti tra l’uomo, il mondo e Dio, Giovanni Paolo, tra altre considerazioni, così spiega: 

«Il buddismo è in misura rilevante un sistema “ateo”. Non ci liberiamo dal male attraverso il bene, che proviene da Dio; ce ne liberiamo soltanto mediante il distacco dal mondo, che è cattivo. La pienezza di tale distacco non è l’unione con Dio, ma il cosiddetto nirvana, ovvero uno stato di perfetta indifferenza nei riguardi del mondo. Salvarsi, vuol dire, prima di tutto, liberarsi dal male, rendendosi indifferenti vero il mondo che è fonte di male. In ciò culmina il processo spirituale.   

A volte si tenta di stabilire a questo proposito un collegamento con i mistici cristiani: sia con quelli del Nordeuropa (Eckhart, Taulero, Suso, Ruysbroeck), sia con quelli successivi dell’area spagnola (Santa Teresa, San Giovanni della Croce). […]. Ma il dottore della Chiesa [Giovanni  della Croce] non propone soltanto il distacco dal mondo. Propone il distacco dal mondo per unirsi a Ciò che è al di fuori dal mondo: e non si tratta del nirvana, ma di un Dio personale. L’unione con Lui non si realizza soltanto nella via della purificazione, ma mediante l’amore.

La mistica carmelitana  inizia nel punto in cui cessano le riflessioni di Budda e le sue indicazioni per la vita spirituale. Nella purificazione attiva e passiva dell’anima umana, in quelle specifiche notti dei sensi e dello spirito, San Giovanni della Croce vede prima di tutto la preparazione necessaria affinché l’anima umana possa essere pervasa dalla fiamma viva dell’amore. E tale è anche il titolo della sua opera principale. Fiamma viva d’amore.

Così nonostante gli aspetti convergenti, c’è un’essenziale divergenza. La mistica cristiana di ogni tempo - a partire dall’epoca dei Padri della Chiesa d’Oriente e d’Occidente, attraverso i grandi teologi della scolastica, come san Tommaso d’Aquino, e i mistici nordeuropei, sino a quelli carmelitani -  non nasce da una «illuminazione» puramente negativa, che rende l’uomo consapevole del male che sta nell’attaccamento al mondo mediante i sensi,l’intelletto e lo spirito, ma dalla Rivelazione del Dio vivente. Questo Dio si apre all’unione con l’uomo e suscita nell’uomo la capacità di unirsi a Lui, specialmente per mezzo delle virtù teologali: la fede, la speranza, e soprattutto l’amore».

Nello stesso volume Giovanni Paolo II ricorda gli inizi della sua conoscenza dei testi di San Giovanni  della Croce. Scrive: «Prima di entrare in seminario, incontrai un laico di nome Jan Tyranowski, che era un vero mistico. Quell’uomo, che ritengo un santo, mi introdusse ai grandi mistici spagnoli e, specialmente, a San Giovanni della Croce. Prima ancora di entrare nel seminario clandestino, leggevo le opere di quel mistico, specialmente le poesie. Per poterlo fare in edizione originale, studiai la lingua spagnola. Quella fu una tappa molto importante nella mia vita».