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di P. Ermanno Barucco ocd

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Una Basilica per Teresa

Il 30 settembre 1929 è posta sulla collina di Lisieux la prima pietra della Basilica dedicata a Santa Teresa di Gesù bambino. L’idea della costruzione era già cominciata a balenare nei primi anni ‘20 visto il grande numero di pellegrini che giungevano a Lisieux dopo la beatificazione di Teresa (1923) e se n’erano fatti promotori il vescovo di Bayeux-Lisieux e le Carmelitane di Lisieux.

Tuttavia il progetto di una grande chiesa neo-gotica vicino al Carmelo, dentro l’abitato urbano quindi, si rivelò irrealizzabile perché avrebbe turbato la vita della piccola cittadina e il suo stile architettonico. Inoltre il progetto venne ritenuto da molti in città troppo grandioso e soprattutto troppo costoso, mentre all’estero era percepito come poco ambizioso in confronto alla fama di santità che Teresa stava sempre di più acquisendo. A intervenire fu addirittura papa Pio XI che a partire dalla Canonizzazione (1925) si fece sostenitore della costruzione di una Basilica di santa Teresa a Lisieux.

Le Carmelitane “licenziarono” il primo architetto che avevano designato e ne trovarono un altro, Marie-Louis Cordonnier, che individuò come luogo per la costruzione della Basilica la sommità della collina sovrastante la città. Fu allora il Vaticano a ritenere il progetto esagerato, e per di più il terreno non era nemmeno disponibile. Cordonnier presentò quindi un secondo progetto: la costruzione della Basilica sul fianco della collina, con un grande piazzale antistante. Finalmente si potè partire con la costruzione. Innanzitutto si posero le fondamenta costruendo più di cento pozzi per raccogliere l’acqua che con abbondanza scorre lungo il pendio della collina, superando così le obiezioni di quanti, per questo motivo, non avevano ritenuto il luogo adatto alla costruzione. Poi si passò all’edificazione della cripta, sotterranea ma accessibile dal piazzale, che sarebbe stata pronta e decorata nel giro di soli due anni e mezzo nel 1932. La Basilica superiore fu pronta nella sua struttura muraria nel 1937 (quando fu benedetta solennemente dall’inviato speciale di papa Pio XI, il Cardinal Pacelli, che dopo due anni sarebbe diventato il futuro Pio XII), la cupola fu completata nel luglio 1939, qualche settimana prima della Seconda guerra mondiale che causò l’interruzione dei lavori. I bombardamenti della città di Lisieux nel 1944 danneggiarono solo di striscio la Basilica. Negli anni dopo la guerra i grandi lavori di decorazione esterna e interna continuarono ancora per più di un decennio e la cura dei particolari artistici anche oltre. La Basilica fu consacrata nel 1954. Quando cominciarono i lavori nel 1929 l’architetto Cordonnier aveva 65 anni e a completare l’opera, come architetti, sarebbero stati suo figlio e suo nipote. L’opera fu finanziata da donatori privati di molte nazioni del mondo, le cui bandiere sono scolpite sotto le finestre della chiesa e a ciascuna nazione è dedicato un altare delle cappelle laterali.

Questa lunga descrizione dei lavori per la costruzione della Basilica di Lisieux ci riporta al fatto che diverse opere artistiche realizzate per questa chiesa ispirarono anche chi a Verona stava immaginando come decorare il “nuovo” Santuario di santa Teresa di Gesù bambino intitolando “anche a lei” nel 1927 la chiesa della Sacra Famiglia dei frati Carmelitani Scalzi di Tombetta edificata dal 1901 al 1905. Nel 1927 si realizzò il nuovo altare in marmo nella “prima” cappella della Santa e gli affreschi in alto (la prima cappella appena entrati a sinistra, l’attuale cappella dei santi genitori Zelia e Luigi, a loro dedicata nel 2015). Dopo che nel 1938 la chiesa fu eretta a Basilica minore, nel 1940-1941 si costruì l’attuale Cappella della Santa con l’urna, le statue in marmo e le decorazioni sontuose. E i lavori continuarono per decenni nei vari altari laterali della chiesa.

Una statua che esprima la fiducia e l’abbandono

Quando l’edificio della Basilica di santa Teresa a Lisieux era solo un’idea vaga e un progetto difficile da realizzare, nel 1924 padre Marie-Bernard, che si sarebbe chiamato lui stesso “lo scultore di Teresa” per le diverse opere realizzate su di lei e per il destino che ormai li legava dal punto di vista spirituale e artistico, cominciò a immaginare la statua che avrebbe potuto fare per la futura Basilica… ma i lavori cominciarono appunto nel 1929 e dovette attendere allora per passare dalle idee ai fatti. Innanzitutto voleva realizzare una statua per l’altare della cripta, una statua «che riassumesse tutto, – scrive a suor Genoveffa della Carmelitane di Lisieux, Celina, la sorella artista di Teresa – un modello che esprimesse la fiducia e l’abbandono», cioè quell’affidamento a Dio che Teresa aveva annunciato e vissuto abbandonandosi con fiducia nelle braccia di Gesù.

La realizzazione del bozzetto presentò delle difficoltà perché Teresa aveva le braccia protese verso l’alto e il peso della creta delle maniche e del mantello era tale che richiedeva sia un’armatura in ferro assai robusta per mantenere il tutto intatto e sospeso nell’aria sia un basamento assai pesante per fare da contrappeso e tenere diritta la statua.

Il 20 giugno 1932 la statua arrivò a Lisieux per l’ormai prossima (il 3 luglio) inaugurazione della cripta terminata anche nei soffitti e nelle pareti con mosaici realizzati dall’artista Jean Gaudin (il figlio Pierre fece poi altri mosaici in cripta nel 1958 su alcune scene della vita di Teresa mentre aveva già completato quelli incominciati col padre nella Basilica superiore). A padre Maire-Bernard giunsero voci che la sua statua non era piaciuta all’architetto Cordonnier, che l’aveva posta sull’altare in cripta solo per «concessione al gusto popolare». Ciò significa che piaceva almeno ad altri, alla gente semplice che amava e venerava Teresa: questa critica probabilmente gli fece piacere più che demoralizzarlo.

L’aquila e l’uccellino

L’idea di questa statua nacque quindi dal voler esprimere il cuore della piccola dottrina di Teresa: la fiducia e l’abbandono in Dio. Teresa ha le mani tese in alto nell’aria perché si sta gettando nelle braccia di Dio Padre, nelle braccia di Gesù. Il testo che ispirò la statua e il mosaico che la sovrasta sul soffitto, con il disegno di una grande aquila in una raggiera di luce, è il famoso passaggio del Manoscritto B riportato anch’esso a mosaico: «O Verbo Divino, sei tu l’Aquila adorata che amo e che mi attira» (Ms B, 5v°). Teresa si era invece paragonata ad un uccellino incapace di volare nelle altezze ma con un amore che osa fissare il sole divino e che ha l’aspirazione delle aquile a volare verso quel sole… ma questa impossibilità non l’affligge e «con un abbandono audace, vuole restare a fissare il suo Sole Divino» (Ms B, 5r°). Anzi, nessun pericolo la spaventa: «Gli avvoltoi, immagini del demonio, l’uccellino non li teme, non è affatto destinato a diventare loro preda, bensì preda dell’Aquila che egli contempla al centro del Sole dell’Amore. O Verbo Divino, sei tu l’Aquila adorata che amo e che mi attira». La statua nella cripta indica quindi l’abbandono fiducioso di Teresa che sa che Dio si abbassa verso di lei per venirla a prendere e innalzare come ha già fatto inviando il Figlio suo Gesù nel mondo e al quale si rivolge dicendo: «sei tu che lanciandoti verso la terra d’esilio hai voluto soffrire e morire per attirare le anime fino al seno dell’Eterno Focolare della Beata Trinità; sei tu che risalendo verso la Luce inaccessibile che sarà ormai tua dimora, sei tu che resti ancora nella valle di lacrime, nascosto sotto l’apparenza di un’ostia bianca... […] Gesù, io sono troppo piccola per fare grandi cose... e la mia follia, è di sperare che il tuo Amore mi accetti come vittima... La mia follia consiste nel supplicare le Aquile mie sorelle [i santi e gli angeli] di concedermi la grazia di volare verso il Sole dell’Amore con le stesse ali dell’Aquila Divina... Quanto vorrai, o mio Amato, il tuo uccellino resterà senza forze e senza ali, sempre terrà gli occhi fissi su di te, vuole essere affascinato dal tuo sguardo divino, vuole diventare la preda del tuo Amore... » (Ms B, 5v°). E Teresa desidera una schiera di piccole anime che conoscano l’amore di Gesù che si abbassa verso di loro e per questo si “abbandonino con fiducia” alla sua misericordia infinita.

La statua nella cripta esprime Teresa attirata dall’aquila amata nella luce e nel fuoco d’Amore della Trinità, Teresa che si lascia prendere come preda dall’aquila, restando piccola nelle braccia di Dio, come dice il profeta Isaia, in un altro testo scritto nel soffitto della cripta di Lisieux: «Come una madre accarezza il figlio, così io vi consolerò, vi porterò sul mio seno» (Is 66,13.12). Questo testo biblico è riportato all’inizio del manoscritto C e Teresa lo commenta così: «Ah! mai parole più tenere, più melodiose, hanno rallegrato la mia anima: l’ascensore che mi deve innalzare fino al Cielo, sono le tue braccia, o Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, anzi bisogna che io resti piccola, che lo diventi sempre di più. O mio Dio, hai superato ogni mia aspettativa e io voglio cantare le tue misericordie« (Ms C,3r°). L’espressione «O mio Dio, hai superato ogni mia aspettativa» fu scritta sul frontone triangolare in alto sulla facciata della Basilica, ai lati della statua di Teresa “glorificata” come Santa da Dio, dagli angeli e dalla Chiesa, pastori e fedeli.

L’ultimo respiro e le rose

Nelle linee conclusive del suo lungo paragone a riguardo dell’Aquila divina, Teresa aveva scritto: «un giorno, ne ho la speranza, Aquila Adorata, tu verrai a prendere il tuo uccellino, e risalendo con lui al Focolare dell’Amore, lo immergerai per l’eternità nell’Abisso ardente di quell’Amore al quale si è offerto come vittima…» (Ms B, 5v°). È il momento della morte che Teresa prevede a breve vista la sua malattia ed è per questo che lungo l’arco sul muro dietro la statua di Teresa nella cripta di Lisieux sono state scritte le ultime parole di Teresa prima di morire: «Oh.. io lo amo… mio Dio… io ti amo». Il grande mosaico sul muro dietro la statua rappresenta una serie di sei angeli, tre per parte, con ceste di rose a ricordare la “pioggia di rose” che santa Teresa sparge dal cielo sulla terra. Infatti alcune rose che sono disegnate sullo sfondo, dietro la statua della Santa sopra le mani alzate all’interno di una grande croce che inquadra il tutto, sembrano proprio quelle che lei ha appena gettato in aria perché toccando la grande croce ricevano il valore infinito della misericordia divina di Gesù e così possano ricadere sulla terra, sparse dagli angeli, come grazie per il mondo, rappresentando un’altra grande scena descritta da Teresa nel manoscritto B.

Anche a Verona…

Nel Santuario di santa Teresa di Gesù bambino a Verona non c’è la statua della cripta di Lisieux realizzata da padre Marie-Bernard, ma la scena è comunque stata riportata nel 1940-1941 in mosaico da U. Bargellini nell’arco interno della Cappella della Santa, in un luogo poco visibile all’osservatore anche più curioso e nemmeno accennato dalla maggior parte delle guide storico-artistiche della chiesa. Nel mosaico di Verona rispetto al modello francese Teresa è inginocchiata, ma ha comunque le mani alzate verso l’alto: in una tiene addirittura una croce, con l’altra sparge rose. Ai suoi lati i sei angeli, tre per parte, con i cesti di rose (un quarto in basso da entrambe le parti tiene un’arpa). Lo slancio di Teresa non è diretto verso un’aquila, ma verso la colomba dello Spirito Santo, al centro della vetrata del soffitto sovrastante l’arco, che dona a Teresa le virtù teologali (caratterizzate con i simboli classici: la fede con la croce, la speranza con l’ancora, la carità con un cuore infiammato) e le virtù d’infanzia rappresentate da alcuni angeli (mansuetudine, preghiera, generosità, purezza, semplicità…), attorniati da decine di altri angeli musicanti e festanti negli spicchi del soffitto. Per sottolineare che è lo Spirito Santo l’autore di ogni virtù, e non la forza e la capacità umana, dall’alto degli spicchi scendono colombe sugli angeli che recano i simboli delle virtù. Uno di essi ha un libro con il testo evangelico: «Se non diventerete piccoli», e altri tengono la scritta con le ultime parole di Teresa prima di dare l’ultimo respiro: «Mio Dio, io ti amo». Ancora come nella cripta della Basilica di Lisieux.

Fiducia e abbandono: il “Padre nostro”

Le virtù d’infanzia, il “diventare piccoli”, sono dono dello Spirito che grida in noi l’espressione tipica della fiducia e dell’abbandono di Gesù in quanto Figlio di Dio: “Abbà, Padre”, Spirito che rende anche noi figli di Dio nel Figlio, piccoli bambini che tendono le braccia per essere presi nelle braccia di Gesù che ci solleva nelle braccia del Padre. La preghiera della piccola via dell’infanzia spirituale è quindi quella che Gesù ci ha insegnato, “Padre nostro…”, perché egli sempre prega con noi e prega in noi queste parole e noi diventiamo Lui agli occhi del Padre. Proprio le diverse frasi della preghiera di Gesù, secondo la versione del vangelo di Matteo (Mt 6,9-13), sono scritte nel soffitto della cripta della Basilica di Lisieux e a Verona nelle vele del soffitto della Cappella del Sacro Cuore (di fronte alla Cappella di Teresa dall’altra parte della navata) ogni frase è scritta in italiano in un cartiglio tenuto da un angelo: il “Padre nostro” è la preghiera del Cuore di Gesù, del cuore dei cristiani diventati figli “piccoli bambini”, ma in profondità e in speranza è la preghiera del cuore di ogni uomo e di tutti gli uomini insieme.