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di P. Giacomo Gubert ocd

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Matilde Serao, (Patrasso 1856; Napoli 1927), giornalista e scrittrice italiana vissuta tra Napoli e Roma, “fedele e umile cronista della propria memoria”, con un talento speciale per la caratterizzazione di ogni tipo di personaggi femminili, può essere annoverata nella ricca schiera di coloro che s’innamorarono di santa Teresa d’Avila. Ne diede testimonianza in una conferenza, che sotto trascriviamo, “pronunciata in Palermo il 25 maggio 1902, nella gran sala del Liceo Vittorio Emanuele, a totale beneficio della Società Margherita, pel patronato dei ciechi”. Dopo aver narrato del suo “incontro” con Teresa, la difende con decisione dai giudizi e pregiudizi facili, sia credenti sia increduli, che vedono in lei solo”una grande passione”. No, Teresa è di più, è vera, seria, profonda, “è una volontà libera, Teresa è una coscienza!”.

La Serao sviluppa poi alcune considerazioni sul mutamento delle forme sociali della religione e chiude la sua conferenza con un commento all’esclamazione teresiana “Aut pati aut mori” in chiave di critica ad una società tutta orientata alla ricerca della felicità intesa come piacere o assenza di dolore. Matilde Serao, personaggio femminile di prima importanza nella sua epoca, non godette di buona critica, soprattutto a causa del suo debole per il pettegolezzo, che condizionò la sua autentica vocazione professionale e artistica. Non mancano tuttavia importanti eccezioni. Benedetto Croce in un saggio del 1903 le riconosceva una «fantasia mirabilmente limpida e viva», ma si ricordano anche Pancrazi e Momigliano, il quale definì la Serao: «la più grande pittrice di folle che abbia dato il nostro verismo». Il Carducci la giudicò «la più forte prosatrice d'Italia», D'Annunzio le dedicò un romanzo, mentre Paul Bourget scrisse la prefazione alla traduzione francese de Il paese di cuccagna. Su «La revue blanche» la sua firma si trova tra collaboratori come Proust e Apollinaire. Il traduttore francese della Serao era Georges Herelle, lo stesso che traduceva D'Annunzio.

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