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di P. Antonio Maria Sicari ocd

giottodeposizione

MARIA, MADRE DI MISERICORDIA

La Misericordia è «il più stupendo attributo del Creatore e del Redentore», ha detto Giovanni Paolo II nella sua splendida enciclica Dives in misericordia (n. 13) e nessuno sulla terra lo ha esperimentato in maniera così radicale e sconvolgente come è accaduto a Maria Santissima.

L’Antico Testamento, quando usava questo termine così “materno”, si riferiva sempre alla tenerezza viscerale di Dio per le sue creature, ma non aveva mai osato dire che anche una creatura umana potesse «aver misericordia di Dio». Il capovolgimento accadde con l’Incarnazione, quando la Misericordia di Dio verso l’uomo si manifestò col fatto che Egli concesse a una creatura umana di essergli Madre e di avere, quindi, per Lui, in senso fisico, una attrazione viscerale (“misericordiosa”) in senso proprio.

Ma ciò non sarebbe stato possibile se Dio non fosse già stato da sempre, in se stesso, anche «Figlio»: Dio non avrebbe potuto ricevere in terra questa materna misericordia, se da tutta l’eternità, non fosse esistita in cielo la Persona Divina del Figlio.Così, nell’icona natalizia della Madre – che può impensabilmente stringere tra le sue braccia il Figlio divino divenuto figlio dell’uomo – si rivelò il «mistero nascosto da secoli»: il Padre, ricco di misericordia, inviava il suo proprio Figlio dentro la creazione fatta per Lui e in Lui.

Chiamare, dunque, Maria Madre della Misericordia significa esattamente dire che ella conosce come nessun altro, umanamente, visceralmente, il mistero della «filialità di Dio» (e delle «viscere del Padre») che contiene anche la promessa, a noi rivolta, di farci diventare tutti «figli nel Figlio». A Natale dunque Maria tenne tra le braccia tutta la Misericordia di Dio, anche se essa le si sarebbe rivelata pienamente solo nel mistero pasquale.

Ricordiamo la bella meditazione di Giovanni Paolo II al riguardo: «Maria è colei che, in modo particolare ed eccezionale – come nessun altro – ha sperimentato la misericordia e al tempo stesso, sempre in modo eccezionale, ha reso possibile col sacrificio del cuore la propria partecipazione alla rivelazione della Misericordia divina. Tale sacrificio è strettamente legato alla croce del Figlio, ai piedi della quale ella doveva trovarsi sul Calvario. Questo suo sacrificio è una singolare partecipazione al rivelarsi della misericordia, cioè alla fedeltà assoluta di Dio al proprio amore [...] che si è definitivamente compiuta attraverso la croce. Nessuno ha sperimentato, al pari della Madre del Crocifisso, il mistero della croce, lo sconvolgente incontro della trascendente giustizia divina con l'amore: quel «bacio» dato dalla misericordia alla giustizia. Nessuno al pari di lei, Maria, ha accolto col cuore quel mistero: quella dimensione veramente divina della redenzione che ebbe attuazione sul Calvario mediante la morte del Figlio, insieme al sacrificio del suo cuore di madre, insieme al suo definitivo “fiat”» (Dim, n. 9).

Ma come si legarono in lei i due Fiat, le due esperienze di Misericordia: quella di Natale e quella di Pasqua? Contempliamola sul Calvario, dritta ai piedi della Croce dove avevano inchiodato suo Figlio: i discepoli erano fuggiti ed erano rimaste con lei solo alcune donne fedeli e innamorate e Giovanni, il discepolo prediletto di Gesù. Certamente anche Maria fu avvolta dalle tenebre che oscuravano il mondo: le atroci torture del Figlio le ferivano il cuore, ma l’anima era ferita dall’inspiegabile silenzio del Cielo. Lei conosceva il mistero del concepimento di Gesù; sapeva che Egli aveva diritto a chiamare Dio suo Padre, sapeva che gli era stato promesso un regno senza fine. Ma là, sulla Croce, il Figlio sembrava pregare inutilmente.

Diceva Gesù: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato…!», e Maria sapeva che si trattava di un Salmo. Poteva, perfino, accompagnarne le parole, ma fremeva al solo pensiero di quei versetti che seguivano subito dopo: “Sei tu che mi hai tratto dal grembo! / Mi hai fatto riposare sul petto di mia madre. / Al mio nascere tu mi hai raccolto, / Dal grembo di mia Madre tu sei il mio Dio. / Da me non stare lontano / Perché l’angoscia è vicina / e nessuno mi aiuta” (Sal 22,10-12).

Maria sapeva fino a che punto tutte quelle parole fossero vere, una per una, letteralmente vere! Lei era lì a testimoniarlo col miracolo della sua stessa permanente verginità. Lei era la Madre che aveva offerto il grembo a Dio. Ma Dio Padre taceva. Solo un istante prima di gridare che «tutto era compiuto» e di affidarsi al Padre con l’ultimo impeto della sua filialità, Gesù stesso le svelò il mistero: il Padre dal cielo donava il Figlio «per la salvezza di tutti», Lo consegnava per amore nelle mani dei peccatori; e il Figlio non solo liberamente acconsentiva, ma voleva che anche la Madre in terra acconsentisse a quello scambio dolcissimo e terribile.

Ancora di più. Maria comprese allora che, di quello scambio, ella stessa faceva parte: il suo concepimento immacolato, la grazia che da sempre la colmava erano frutto di quel sangue sparso dal Figlio. Ed ella, per la prima volta, sentì, con tutta se stessa, di essere davvero «figlia del suo Figlio», fatta da Lui, redenta da Lui.

«Gesù, dunque, vedendo la Madre e lì, accanto a lei, il discepolo che amava, disse: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco la Madre tua!”». E da quel momento Maria accettò con passione (la passione dell’affetto e quella di un nuovo parto) di far da Madre «al figlio suo Giovanni», e a tutti i credenti che egli rappresentava. «Ai piedi della Croce, Maria venne esaudita come la Donna, la nuova Eva, la Madre dei viventi» (CCC n. 2618) e da quel momento la Chiesa seppe d’avere una Madre, e Maria seppe d’avere innumerevoli figli che l’avrebbero sempre invocata: “Salve, Madre di misericordia: vita, dolcezza e speranza nostra”