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Oggi Domenica 16 ottobre Elisabetta della Trinità, monaca carmelitana, è proclamata santa dinnanzi alla Chiesa universale. Per commemorare questo felice evento pubblichiamo il decreto di elevazione al culto. Abbiamo preferito pre­sentarlo nella sua forma integrale in quanto fornisce una sintesi orga­nica, completa e teologicamente elaborata della vita di Elisabetta, nella traduzione dal latino approntata da P. Piero Rizza ocd. Il testo è pubblicato all'interno del numero 21 di Quaderni Carmelitani (2004), interamente dedicato alla figura della nostra santa. 

Introduzione

«A perenne memoria.
"O anima bellissima che tanto brami di sa­pere dov'è il tuo Diletto, per incontrarlo e unirti con Lui! Ormai ti vien detto che tu stessa sei la sua stanza in cui egli dimora e il nascondiglio dove si cela. Ben puoi rallegrarti sapendo che tutto il tuo bene, l'og­getto della tua speranza ti sta così vicino che abita in te o, per meglio dire, tu non puoi esistere senza di Lui: Ecco - dice lo Sposo - il Regno di Dio è dentro di voi (Lc 17,21); e il suo servo l'Apostolo Paolo ag­giunge: Voi siete il tempio del Dio vivente (2Cor 6,16)"1 .L'anima infatti che partecipa della natura divina (cf. 2Pt 1,4) e vive nell'amore e nel­l'obbedienza a Cristo, è un luogo santo ed eccelso nel quale abita l'Al­tissimo, risuona incessante il canto della lode ed è immolato l'olocau­sto di uno spirito umile (Is 57,15; 66,2); è un tempio scelto dalle divine Persone per farsi dimora (cf. Gv 14,23) e un tabernacolo per manife­stare la propria gloria (14,10) e pronunciarvi parole ineffabili. Questa arcana realtà è stata contemplata con grande e profonda gioia dalla Venerabile Serva di Dio Elisabetta della Trinità che essendosi abban­donata totalmente all'azione dello Spirito Santo divenne vaso prezioso ricolmo del buon odore di Cristo e casa nella quale il Padre Celeste ef­fuse copiosamente la sua benevolenza e la sua luce. Soavemente com­penetrata da questa divina presenza scrisse: "Ho trovato il cielo sulla terra, perché il cielo è Dio e Dio è nella mia anima"; "i Tre abitano in me". Da questa fede incrollabile sperimentata con chiara consapevo­lezza, semplicità evangelica e che visse in comunione con la Madre di Dio, scaturì la sua vocazione alla lode dell'Amato, all'offerta di sé per diventare simile a Gesù Crocifisso e contribuire alla diffusione del Re­gno di Dio nel mondo. Lieta di portare a compimento nella propria car­ne quello che manca alla passione di Cristo a favore del suo Corpo che è la Chiesa (cf. Col 1,24), non interruppe il suo colloquio d'amore con l'Ospite divino neppure nelle gravissime sofferenze, né si perdette d'animo nel portare la Croce con il suo Maestro; era solita dire: "La mia felicità cresce con la mia sofferenza". Animata da così profondi e san­ti sentimenti diventò in breve tempo una straordinaria immagine del suo Sposo e una fulgida luce che non potendo restare nascosta nelle ri­strette mura del monastero si espanse rapidamente in tutta la Chiesa. Per questo si possono applicare pure a lei quelle parole che il nostro Predecessore Alessandro IV disse di S. Chiara d'Assisi: "Una lampada così accesa e splendente non poteva restare nascosta senza risplende­re e portare nella casa del Signore una luce brillante. Né poteva un va­so così colmo di aromi restare nascosto senza esalare profumi e riem­pire di soave odore la casa del Signore"2.

La vita

elisabetta1Questa fedele discepola di Cristo nacque il 18 luglio 1880 nel Campo militare d'Avor presso Bourges da Giuseppe Francesco Catez e Maria Emilia Rolland. Il 22 dello stesso mese, ricevette con il Sa­cramento del Battesimo il sigillo della SS. Trinità e i nomi di Maria, Giuseppina, Elisabetta. Subito la voce del Signore le sussurrò traendola a sé per farla sua sposa nella misericordia e nella benevolenza (Os 2,21). Infatti la prima confessione dei peccati e più ancora la pri­ma comunione suscitarono in lei un ardente desiderio di santità e operarono un importante cambiamento; si fece in tutto docile all'a­zione della grazia e trovò la gioia nella dimenticanza di se stessa a fa­vore di Gesù e degli altri; imparò pure a ritirarsi nel piccolo cielo del­l'anima per inebriarsi della "abitazione" del Dio vivente e giunse a dominare la sua indole di natura vivace e impulsiva. Seguendo S. Te­resa di Gesù fu spinta sempre più fortemente a vivere in comunione con Colui che abitava in lei e a cercare la pace e la gioia nella sua fa­miliarità. A 14 anni aspirando già al Carmelo, si consacrò al Signore con il voto di verginità perpetua, consapevole di non poter amare al­tri che Lui. Per questo diceva: "Sono mossa dagli impulsi del tuo amore, o Gesù. Voglio soffrire con Te, trovarti e poi morire". Ma do­vette aspettare non poco prima che il suo desiderio fosse appagato; infatti la mamma, da lei teneramente amata, non era disposta ad as­secondare il suo desiderio. Una volontà meno decisa avrebbe forse desistito: ma ciò non avvenne della Venerabile Serva di Dio. L'oppo­sizione della mamma alla sua vocazione, i viaggi, i divertimenti, gli incontri, i vestiti eleganti, la musica - cose tutte delle quali avrebbe fatto volentieri a meno - non solo non la distolsero dal suo proposi­to, ma accrebbero il fuoco dell'amore che bruciava nel suo spirito: "Le grandi acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travol­gerlo" (Ct 8,7). Mentre aspettava pazientemente la sua ora, compiva, con passo accelerato, grandi progressi sulla via della perfezione e si immergeva avidamente nella preghiera e nella contemplazione del suo Amato; univa similmente alle frequenti contrarietà e ai volonta­ri sacrifici una fervida sollecitudine per la salvezza delle anime; per questo in quanto poteva si dedicava all'apostolato, insegnando il ca­techismo, aiutando i poveri, pregando e soffrendo per la conversio­ne dei peccatori.

Al Carmelo trova la sua missione "cosmica"

Finalmente la sua ansiosa attesa ebbe fine e ed ella entrò il 2 agosto del 1901 nel Carmelo di S. Giuseppe a Digione, dove passò come fiamma e come incenso che arde nel fuoco. Il giorno 8 del se­guente mese di dicembre vestì l'abito religioso e iniziò il noviziato sotto la guida sapiente e prudente della Maestra del monastero, Ma­dre Germana di Gesù (1870-1930). Il giorno 11 gennaio del 1903 fece professione religiosa. Riconoscente a Dio che l'aveva condotta nella solitudine (cf. Os 2,16) esultava nel suo spirito ed era trasportata dal­le cose meravigliose che il Diletto le manifestava: "Come si sta bene sul Monte Carmelo!" - esclamava - "Ho lasciato tutto per poterlo sa­lire, ma Gesù mi è venuto incontro, mi ha presa tra le sue braccia per portarmi come un bambino e farmi dimenticare tutto quello che ave­vo lasciato per Lui". Trascorse gli anni di vita consacrata in una cre­scente e scambievole esperienza dell'amore del Signore, nell'umile e fiduciosa adesione che la sostenne nell'arduo cammino della perfe­zione (Sal 23,4) e nella scoperta della larghezza, della lunghezza, del­la sublimità e della profondità dell'amore di Cristo (cf. Ef 3,18).

elisabetta2Se le fu dato di stare sul monte davanti al Signore e di udire il mormorio di un vento leggero di cui parla il Profeta Elia (cf. 1Re 19,11-13), le fu pure concessa la grazia di vivere un tale dono con grande apertura di cuore in misura che possiamo definire cosmica. Era attratta verso il cielo dalla dolcezza della natura, dalla austera solitudine dei bo­schi, dalla asperità dei monti, dagli alberi vetusti ma soprattutto dal­la bellezza di quelle anime che simili a cristalli riflettevano la luce di­vina; essendo inoltre colma di amore per il prossimo, desiderava che tutti corrispondessero alla vocazione universale alla santità. Avreb­be voluto raggiungere ogni angolo della terra per annunciare la bontà che Dio vuole effondere nelle anime; e in realtà fu presente in tutto il mondo, non certo con il corpo, ma con lo spirito, pregando, soffrendo, piangendo per ottenere grazie per la Chiesa, i sacerdoti, per la propagazione della fede e la conversione dei peccatori. Tutto ciò fece egregiamente da viva e continua a farlo oggi con gli esempi e con gli scritti che ci ha lasciati: e non ci sembra che il suo compito sia affatto terminato; ella promise: "La mia missione sarà quella di at­trarre le anime aiutandole a uscire da se stesse per aderire a Dio in un modo tutto spontaneo e pieno di amore e di tenerle in quel gran­de silenzio interiore che permette a Dio di imprimersi in loro e di tra­sformarle in Lui stesso". Il silenzio, la contemplazione, l'impegno apostolico coltivato con sereno e costante ardore, non la distolsero dalla vita comune e dai doveri del proprio stato; in modo più attento e fedele di ogni altra Consorella osservava attentamente la Regola e i voti religiosi, pronta e alacre nel lavoro, nel servizio, nell'adempi­mento dei compiti assunti, disponibile verso le amatissime Priore e consorelle, fervente nella celebrazione dell'Eucarestia e del divino Ufficio.

La malattia

Poiché "la via della Croce è quella che Dio riserva agli amici: più li ama e più li carica di travagli"3la Venerabile Serva di Dio visse nel corpo e nell'anima il mistero pasquale, mostrando di avere una sete ardente di rendersi simile allo Sposo Crocifisso per partecipa­re alla redenzione. Poiché non poteva dare testimonianza con il sangue, come lei desiderava, diede quella dì una gioia vera e comunicativa durante le malattie dolorosissime che dall'estate del 1903 furono sue compagne inseparabili, accolte e desiderate. Neppure allora vennero meno la sua profonda delicatezza verso tutti, il suo solito sorriso, né la sua dolcezza e amabilità; mostrava tanta pace e serenità da far dubitare delle sue sofferenze. Passò gli ultimi otto mesi in infermeria; veniva meno nelle forze fisiche, ma cresceva grandemente in quelle dell'ani­ma: era contenta di essere consumata dal fuoco dell'amore divino per essere una lode di gloria e una vittima di lode. Morì piamente sul far dell'alba il 9 novembre del 1906. Quanti l'avevano conosciuta affer­marono che era passata per questo mondo come un giglio verginale spandente profumo, mai deturpato dalla più piccola macchia; che era stata di esempio alla Comunità per il fervore di vita religiosa, il dono di sé, la profonda meditazione, la preghiera continua, l'adorazione piena di amore. Vera imitatrice della Vergine Maria fino al termine dei suoi giorni, egregio esempio del dono di Dio, di unione alle sof­ferenze del Figlio, di cooperazione all'opera della redenzione.

Il processo

La fama di santità che si era acquistata in vita, crebbe dopo la sua morte senza interruzione, per cui negli anni 1931-1941 furono ce­lebrati presso la Curia episcopale di Digione il Processo Ordinario informativo e i quattro Processi Rogatoriali e poi i due Processi ad­ditizi. Il 27 gennaio del 1944 è pubblicato il Decreto su gli Scritti, quin­di il Sommo Pontefice Giovanni XXIII, premessa la consueta discus­sione, concesse il 25 ottobre del 1961 l'introduzione della Causa pres­so la Santa Sede. Dopo i Processi Apostolici celebrati a Digione (1963-1965), a Parigi (1963-1964), a Tolosa (1964), la cui validità giuri­dica fu riconosciuta il 5 luglio del 1969 e il 13 marzo del 1970, si pas­sò felicemente alla valutazione delle virtù, prima nel Congresso Par­ticolare il 24 novembre del 1981 e poi nella Congregazione Ordinaria dei Padri Cardinali e dei Vescovi, Ponente della Causa il Cardinale Mario Luigi Ciappi il 6 aprile del 1982; il Decreto relativo fu emesso davanti a Noi il 12 luglio dello stesso anno. Infine, dopo il Processo Canonico e le discussioni prescritte dei medici, dei teologi e dei Pa­dri Cardinali, riguardanti la guarigione straordinaria del Sacerdote Giovanni Maria Chanut, dell'ordine dei Cistercensi della stretta os­servanza, da una tubercolosi renale, attribuita alle preghiere alla Ser­va di Dio Elisabetta della SS. Trinità, Noi il 17 febbraio del 1984 di­chiarammo tale guarigione avvenuta per miracolo. Dopo tutto ciò è stato stabilito il giorno della celebrazione della solenne Beatificazio­ne. Oggi dunque nella Basilica Vaticana di S. Pietro abbiamo pro­nunciato durante la S. Messa questa formula: "Noi, accogliendo i vo­ti dei nostri fratelli Narciso Jubany Arnau, Arcivescovo di Barcello­na, Giovanni Maria Lustiger, Arcivescovo di Parigi, Giovanni Bailand, Vescovo di Digione e di molti altri fratelli nell'episcopato e di molti fedeli, consultata la Sacra Congregazione per le Cause dei San­ti, con la nostra autorità apostolica concediamo la facoltà che i Vene­rabili Servi di Dio Giuseppe Manyanet, Daniele Brottier e Elisabetta della Trinità siano chiamati in avvenire con il nome di Beati e che la loro festa possa essere celebrata nel giorno della loro nascita al cie­lo: di Giuseppe Manyanet il 17 dicembre, di Daniele Brottier il 23 feb­braio, di Elisabetta della SS. Trinità il 9 novembre, ogni anno, nei luo­ghi e nei modi stabiliti dal diritto. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo".

Quanto stabiliamo con queste Lettere, rimanga confermato in perpetuo, nonostante qualsiasi altra cosa in contrario. Dato a Roma, presso S. Pietro, sotto l'anello del Pescatore, il 25 novembre del 1984, settimo del Nostro Pontificato»4.

Note:

1 S.Giovanni della Croce, Cantico Spirituale, 1,7.

2 Bolla di Canonizzazione di S. Chiara, Clara claris praeclara, Bollario Romano, III, 621.

3 S. Teresa di Gesù, Cammino di Perfezione, 18,1.

4 Decreto di elevazione al culto della Venerabile Serva di Dio Elisabetta della Trinità, Città del Vaticano, 25 novembre 1984, (AOCD 32/87, 7-12; AAS 79/87,1268-1273).